IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Parte QUARTA - sezione SECONDA
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PARTE
QUARTA - LA PREGHIERA CRISTIANA
SEZIONE
SECONDA - LA PREGHIERA DEL SIGNORE:
“PADRE NOSTRO”
2759
“Un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei
discepoli gli disse: "Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha
insegnato ai suoi discepoli"” ( Lc 11,1 ). E' in risposta a questa
domanda che il Signore affida ai suoi discepoli e alla sua Chiesa la preghiera
cristiana fondamentale. San Luca ne dà un testo breve (di cinque richieste), [Cf
Lc 11,2-4 ] san Matteo una versione più ampia (di sette richieste) [Cf Mt
6,9-13 ]. La tradizione liturgica della Chiesa ha sempre usato il testo di san
Matteo:
Padre
nostro che sei nei cieli,
sia
santificato il tuo Nome,
venga
il tuo Regno,
sia
fatta la tua Volontà
come
in cielo così in terra.
Dacci
oggi il nostro pane quotidiano,
e
rimetti a noi i nostri debiti
come
noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e
non ci indurre in tentazione,
ma
liberaci dal Male.
2760
Ben presto l'uso liturgico ha concluso la Preghiera del Signore con una
dossologia. Nella Didaché: “Perché tuo è il potere e la gloria nei
secoli” [Didaché, 8, 2]. Le Costituzioni apostoliche, aggiungono all'inizio
della dossologia: “il regno”; [Costituzioni Apostoliche, 7, 24, 1] ed è
questa la formula usata ai nostri giorni nella preghiera ecumenica. La
tradizione bizantina aggiunge dopo “la gloria”: “Padre, Figlio e Spirito
Santo”. Il Messale romano sviluppa l'ultima domanda [Cf Embolismo ] nella
prospettiva esplicita della “attesa della beata speranza” ( Tt 2,13 ) e
della Venuta del Signore nostro Gesù Cristo; segue l'acclamazione
dell'assemblea, che riprende la dossologia delle Costituzioni apostoliche.
“LA
SINTESI DI TUTTO IL VANGELO”
2761
“L'Orazione domenicale è veramente la sintesi di tutto il Vangelo”
[Tertulliano, De oratione, 1]. “Dopo che il Signore ci ebbe trasmesso questa
formula di preghiera, aggiunse: "Chiedete e vi sarà dato" ( Lc 11,9
). Ognuno può, dunque, innalzare al cielo preghiere diverse secondo i suoi
propri bisogni, però incominciando sempre con la Preghiera del Signore, la
quale resta la preghiera fondamentale” [Tertulliano, De oratione, 10].
I.
Al centro delle Scritture
2762
Dopo aver mostrato come i Salmi siano il principale alimento della preghiera
cristiana e confluiscano nelle richieste del Padre nostro, sant'Agostino
conclude:
Se
passi in rassegna tutte le parole delle preghiere contenute nella Sacra
Scrittura, per quanto io penso, non ne troverai una che non sia contenuta e
compendiata in questa preghiera insegnataci dal Signore [Sant'Agostino,
Epistulae, 130, 12, 22: PL 33, 502].
2763
Tutte le Scritture (la Legge, i Profeti e i Salmi) sono compiute in Cristo [Cf
Lc 24,44 ]. Il Vangelo è questa “Lieta notizia”. Il suo primo annunzio è
riassunto da san Matteo nel Discorso della montagna [Cf Mt 5-7 ]. Ebbene, la
preghiera del Padre nostro è al centro di questo annuncio. E' in questo
contesto che si illumina ogni domanda della preghiera che ci ha lasciato il
Signore: La preghiera del Pater Noster è perfettissima. . . Nella Preghiera del
Signore non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo rettamente
desiderare, ma anche nell'ordine in cui devono essere desiderate: cosicché
questa preghiera non solo insegna a chiedere, ma plasma anche tutti i nostri
affetti [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae II-II, 83, 9].
2764
Il Discorso della montagna è dottrina di vita, l'Orazione domenicale è
preghiera, ma nell'uno e nell'altra lo Spirito del Signore dà una nuova forma
ai nostri desideri, a questi moti interiori che animano la nostra vita. Gesù ci
insegna la vita nuova con le sue parole e ci educa a chiederla mediante la
preghiera. Dalla rettitudine della nostra preghiera dipenderà quella della
nostra vita in lui.
II.
“La Preghiera del Signore”
2765
L'espressione tradizionale “Orazione domenicale” [cioè “preghiera del
Signore”] significa che la preghiera al Padre nostro ci è insegnata e donata
dal Signore Gesù. Questa preghiera che ci viene da Gesù è veramente unica: è
“del Signore”. Da una parte, infatti, con le parole di questa preghiera, il
Figlio Unigenito ci dà le parole che il Padre ha dato a lui: [Cf Gv 17,7 ] è
il Maestro della nostra preghiera. Dall'altra, Verbo incarnato, egli conosce nel
suo cuore di uomo i bisogni dei suoi fratelli e delle sue sorelle di umanità, e
ce li manifesta: è il Modello della nostra preghiera.
2766
Ma Gesù non ci lascia una formula da ripetere meccanicamente [Cf Mt 6,7; 1Re
18,26-29 ]. Come per qualsiasi preghiera vocale, è attraverso la Parola di Dio
che lo Spirito Santo insegna ai figli di Dio a pregare il loro Padre. Gesù non
ci dà soltanto le parole della nostra preghiera filiale: ci dà al tempo stesso
lo Spirito, per mezzo del quale quelle parole diventano in noi “spirito e
vita” ( Gv 6,63 ). Di più: la prova e la possibilità della nostra preghiera
filiale è che il Padre “ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio
che grida: Abbà, Padre!” ( Gal 4,6 ). Poiché la nostra preghiera interpreta
i nostri desideri presso Dio, è ancora “colui che scruta i cuori”, il
Padre, che “sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per
i credenti secondo i desideri di Dio” ( Rm 8,27 ). La preghiera al Padre
nostro si inserisce nella missione misteriosa del Figlio e dello Spirito.
III.
La preghiera della Chiesa
2767
Questo dono inscindibile, delle parole del Signore e dello Spirito Santo che le
vivifica nel cuore dei credenti, è stato ricevuto e vissuto dalla Chiesa fin
dalle origini. Le prime comunità pregano la Preghiera del Signore “tre volte
al giorno”, [Cf Didaché 8, 3] in luogo delle “Diciotto benedizioni” in
uso nella pietà ebraica.
2768
Secondo la Tradizione apostolica, la Preghiera del Signore è essenzialmente
radicata nella preghiera liturgica:
Il
Signore ci insegna a pregare insieme per tutti i nostri fratelli. Infatti egli
non dice Padre “mio” che sei nei cieli, ma Padre “nostro”, affinché la
nostra preghiera salga, da un cuore solo, per tutto il Corpo della Chiesa [San
Giovanni Crisostomo, Homilia in Matthaeum, 19, 4: PG 57, 278D].
In
tutte le tradizioni liturgiche la Preghiera del Signore è parte integrante
delle Ore maggiori dell'Ufficio divino. Ma il suo carattere ecclesiale appare in
tutta evidenza particolarmente nei tre sacramenti dell'iniziazione cristiana.
2769
Nel Battesimo e nella Confermazione la consegna [“traditio”] della Preghiera
del Signore significa la nuova nascita alla vita divina. Poiché la preghiera
cristiana è parlare a Dio con la Parola stessa di Dio, coloro che sono stati
“rigenerati. . . dalla Parola di Dio viva ed eterna” ( 1Pt 1,23 ) imparano
ad invocare il loro Padre con la sola Parola che egli sempre esaudisce. Ed ormai
lo possono, perché il sigillo dell'Unzione dello Spirito Santo è impresso,
indelebile, sul loro cuore, sulle loro orecchie, sulle loro labbra, su tutto il
loro essere filiale. Per questo la maggior parte dei commenti patristici del
Padre nostro sono destinati ai catecumeni e ai neofiti. Quando la Chiesa prega
la Preghiera del Signore, è sempre il Popolo dei “ri-nati” che prega e
ottiene misericordia [Cf 1Pt 2,1-10 ].
2770
Nella Liturgia eucaristica la Preghiera del Signore appare come la preghiera di
tutta la Chiesa. E' lì che si rivela il suo pieno senso e la sua efficacia.
Posta tra l'Anafora (Preghiera eucaristica) e la Liturgia della Comunione, essa
da un lato ricapitola tutte le domande e le intercessioni espresse lungo lo
sviluppo dell'Epiclesi, e, dall'altro, bussa alla porta del Banchetto del Regno,
di cui la Comunione sacramentale è un anticipo.
2771
Nell'Eucaristia, la Preghiera del Signore manifesta anche il carattere
escatologico delle proprie domande. Essa è la preghiera tipica degli “ultimi
tempi”, i tempi della salvezza, che sono cominciati con l'effusione dello
Spirito Santo e che si compiranno con il Ritorno del Signore. Le domande al
Padre nostro, a differenza delle preghiere dell'Antica Alleanza, si fondano sul
mistero della salvezza già realizzato, una volta per tutte, in Cristo
crocifisso e risorto.
2772
Da questa fede incrollabile sgorga la speranza che anima ognuna delle sette
domande. Esse esprimono i gemiti del tempo presente, di questo tempo della
pazienza e dell'attesa, in cui “ciò che noi saremo non è stato ancora
rivelato” ( 1Gv 3,2 ) [Cf Col 3,4 ] L'Eucaristia e il Pater sono protesi verso
la venuta del Signore, “finché egli venga!” ( 1Cor 11,26 ).
2773
In risposta alla domanda dei suoi discepoli (Signore, insegnaci a pregare”: Lc
11,1 ), Gesù consegna loro la preghiera cristiana fondamentale del “Padre
nostro”.
2774
“L'Orazione domenicale è veramente la sintesi di tutto il Vangelo” ,
[Tertulliano, De oratione, 1] “la preghiera perfettissima” [San Tommaso d'Aquino,
Summa theologiae II-II, 83, 9]. Essa è al centro delle Scritture.
2775
E' chiamata “Orazione domenicale” perché ci viene dal Signore Gesù,
Maestro e Modello della nostra preghiera.
2776
L'Orazione domenicale è, per eccellenza, la preghiera della Chiesa. E' parte
integrante delle Ore maggiori dell'Ufficio divino e dei sacramenti
dell'iniziazione cristiana: Battesimo, Confermazione ed Eucaristia. Inserita
nell'Eucaristia, manifesta il carattere “escatologico” delle proprie
domande, nella speranza del Signore, “finché egli venga” ( 1Cor 11,26 ).
“PADRE
NOSTRO CHE SEI NEI CIELI”
I.
“Osare avvicinarci in piena confidenza”
2777
Nella Liturgia romana l'assemblea eucaristica è invitata a pregare il Padre
nostro con filiale audacia; le Liturgie orientali utilizzano e sviluppano
espressioni analoghe: “Osare con tutta sicurezza”, “Rendici degni di”.
Davanti al roveto ardente fu detto a Mosè: “Non avvicinarti! Togliti i
sandali dai piedi” ( Es 3,5 ). Solo Gesù poteva superare la soglia della
Santità divina: è lui che avendo “compiuto la purificazione dei peccati” (
Eb 1,3 ), ci introduce davanti al Volto del Padre: “Eccoci, io e i figli che
Dio mi ha dato” ( Eb 2,13 ):
La
consapevolezza che abbiamo della nostra condizione di schiavi ci farebbe
sprofondare sotto terra, il nostro essere di terra si scioglierebbe in polvere
se l'autorità dello stesso nostro Padre e lo Spirito del Figlio suo non ci
spingessero a proferire questo grido: “Abbà, Padre!” ( Rm 8,15 )... Quando
la debolezza di un mortale oserebbe chiamare Dio suo Padre, se non soltanto
allorché l'intimo dell'uomo è animato dalla potenza dall'alto? [San Pietro
Crisologo, Sermones, 71: PL 52, 401CD]
2778
Questa potenza dello Spirito che ci introduce alla Preghiera del Signore è
indicata nelle Liturgie d'Oriente e di Occidente con una felice espressione
tipicamente cristiana: “parresìa”, vale a dire semplicità schietta,
fiducia filiale, gioiosa sicurezza, umile audacia, certezza di essere amati [Cf
Ef 3,12; Eb 3,6; Eb 4,16; Eb 10,19; 1Gv 2,28; 2778 1Gv 3,21; 1Gv 5,14 ].
II.
“Padre!”
2779
Prima di fare nostro questo slancio iniziale della Preghiera del Signore, non è
superfluo purificare umilmente il nostro cuore da certe false immagini di
“questo mondo”. L' umiltà ci fa riconoscere che “nessuno conosce il
Padre, se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”, cioè
“ai piccoli” ( Mt 11,25-27 ). La purificazione del cuore concerne le
immagini paterne e materne, quali si sono configurate nella nostra storia
personale e culturale, e che influiscono sulla nostra relazione con Dio. Dio,
nostro Padre, trascende le categorie del mondo creato. Trasporre su di lui, o
contro di lui, le nostre idee in questo campo, equivarrebbe a fabbricare idoli
da adorare o da abbattere. Pregare il Padre è entrare nel suo mistero, quale
egli è, e quale il Figlio ce lo ha rivelato:
L'espressione
Dio-Padre non era mai stata rivelata a nessuno. Quando lo stesso Mosè chiese a
Dio chi fosse, si sentì rispondere un altro nome. A noi questo nome è stato
rivelato nel Figlio: questo nome, infatti, implica il nuovo nome di Padre
[Tertulliano, De oratione, 3].
2780
Possiamo invocare Dio come “Padre” perché ci è rivelato dal Figlio suo
fatto uomo e perché il suo Spirito ce lo fa conoscere. Ciò che l'uomo non può
concepire, né le potenze angeliche intravvedere, cioè la relazione personale
del Figlio nei confronti del Padre, [Cf Gv 1,1 ] ecco che lo Spirito del Figlio
lo comunica a noi, a noi che crediamo che Gesù è il Cristo e che siamo nati da
Dio [Cf 1Gv 5,1 ].
2781
Quando preghiamo il Padre, siamo in comunione con lui e con il Figlio suo Gesù
Cristo [Cf 1Gv 1,3 ]. E' allora che lo conosciamo e lo riconosciamo in uno
stupore sempre nuovo. La prima parola della Preghiera del Signore è una
benedizione di adorazione, prima di essere un'implorazione. Questa è infatti la
Gloria di Dio: che noi lo riconosciamo come “Padre”, Dio vero. Gli rendiamo
grazie per averci rivelato il suo Nome, di averci fatto il dono di credere in
esso e di essere inabitati dalla sua Presenza.
2782
Possiamo adorare il Padre perché egli ci ha fatti rinascere alla sua vita
adottandoci come suoi figli nel suo Figlio unigenito: per mezzo del Battesimo,
ci incorpora al Corpo del suo Cristo, e, per mezzo dell'Unzione del suo Spirito
che scende dal Capo nelle membra, fa di noi dei “cristi” (unti):
In
realtà, Dio che ci ha predestinati all'adozione di figli, ci ha resi conformi
al Corpo glorioso di Cristo. Ormai divenuti partecipi di Cristo, siete
naturalmente chiamati “cristi” [San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses
mistagogicae, 3, 1: PG 33, 1088A].
L'uomo
nuovo, che è rinato e restituito, mediante la grazia, al suo Dio, dice
innanzitutto: “Padre”, perché è diventato figlio [San Cipriano di
Cartagine, De oratione dominica, 9: PL 4, 525A].
2783
In tal modo, attraverso la Preghiera del Signore, noi siamo rivelati a noi
stessi, mentre ci viene rivelato il Padre [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 22].
O
uomo, tu non osavi levare il tuo volto verso il cielo, rivolgevi i tuoi occhi
verso terra, e, ad un tratto, hai ricevuto la grazia di Cristo: ti sono stati
rimessi tutti i tuoi peccati. Da servo malvagio sei diventato un figlio buono. .
. Leva, dunque, gli occhi tuoi al Padre. . . che ti ha redento per mezzo del
Figlio e di': Padre nostro!. .. Ma non rivendicare per te un rapporto
particolare. Del solo Cristo è Padre in modo speciale, per noi tutti è Padre
in comune, perché ha generato lui solo, noi, invece, ci ha creati. Di' anche tu
per grazia: Padre nostro, per meritare di essere suo figlio [Sant'Ambrogio, De
sacramentis, 5, 19: PL 16, 450C].
2784
Questo dono gratuito dell'adozione esige da parte nostra una conversione
continua e una vita nuova. Pregare il Padre nostro deve sviluppare in noi due
disposizioni fondamentali: il desiderio e la volontà di somigliargli. Creati a
sua immagine, per grazia ci è restituita la somiglianza e noi dobbiamo
corrispondervi.
Bisogna
che, quando chiamiamo Dio “Padre nostro”, ci ricordiamo del dovere di
comportarci come figli di Dio [San Cipriano di Cartagine, De oratione dominica,
11: PL 4, 526B].
Non
potete chiamare vostro Padre il Dio di ogni bontà, se conservate un cuore
crudele e disumano; in tal caso, infatti, non avete più in voi l'impronta della
bontà del Padre celeste [San Giovanni Crisostomo, Homilia in illud “Angusta
est porta” et de oratione Domini: PG 51, 44B].
E'
necessario contemplare incessantemente la bellezza del Padre e impregnarne
l'anima [San Gregorio di Nissa, Homiliae in orationem dominicam, 2: PG 44,
1148B].
2785
Un cuore umile e confidente che ci faccia “diventare come bambini” ( Mt 18,3
): infatti è ai “piccoli” che il Padre si rivela ( Mt 11,25 ).
E'
uno sguardo su Dio solo, un grande fuoco d'amore. L'anima allora sprofonda e
s'innalza nella carità e tratta con Dio come con il proprio Padre, in una
tenerezza specialissima di pietà [San Giovanni Cassiano, Collationes, 9, 18: PL
49, 788C].
Padre
nostro: questo nome suscita in noi, contemporaneamente, l'amore, il fervore
nella preghiera, . . . ed anche la speranza di ottenere ciò che stiamo per
chiedere. . . Che cosa infatti può Dio negare alla preghiera dei suoi figli,
dal momento che ha loro concesso, prima di tutto, di essere suoi figli?
[Sant'Agostino, De sermone Domini in monte, 2, 4, 16: PL 34, 1276]
III.
Padre “nostro”
2786
Padre “nostro” è riferito a Dio. L'aggettivo, per quel che ci riguarda, non
esprime un possesso, ma una relazione con Dio totalmente nuova.
2787
Quando diciamo Padre “nostro” riconosciamo anzitutto che tutte le sue
Promesse d'amore annunziate dai Profeti sono compiute nella nuova ed eterna
Alleanza nel suo Cristo: noi siamo diventati il “suo” Popolo ed egli è
ormai il “nostro” Dio. Questa nuova relazione è un'appartenenza reciproca
donata gratuitamente: è con l'amore e la fedeltà [Cf Os 2,21-22; Os 6,1-6 ]
che dobbiamo rispondere alla “grazia” e alla “verità” che ci sono date
in Gesù Cristo ( Gv 1,17 ).
2788
Poiché la Preghiera del Signore è quella del suo Popolo negli “ultimi
tempi”, questo “nostro” esprime anche la nostra speranza nell'ultima
promessa di Dio: nella nuova Gerusalemme egli dirà del vincitore: “Io sarò
il suo Dio ed egli sarà mio figlio” ( Ap 21,7 ).
2789
Pregando il Padre “nostro” ci rivolgiamo personalmente al Padre del Signore
nostro Gesù Cristo. Non dividiamo la divinità, poiché il Padre ne è “la
sorgente e l'origine”, ma confessiamo in tal modo che il Figlio è eternamente
generato da lui e che da lui procede lo Spirito Santo. Non confondiamo neppure
le Persone, perché confessiamo che la nostra comunione è con il Padre e il
Figlio suo, Gesù Cristo, nel loro unico Santo Spirito. La Santissima Trinità
è consustanziale e indivisibile. Quando preghiamo il Padre, Lo adoriamo e Lo
glorifichiamo con il Figlio e lo Spirito Santo.
2790
Grammaticalmente, “nostro” qualifica una realtà comune a più persone. Non
c'è che un solo Dio ed è riconosciuto Padre da coloro che, mediante la fede
nel suo Figlio unigenito, da lui sono rinati mediante l'acqua e lo Spirito [Cf
1Gv 5,1; Gv 3,5 ]. La Chiesa è questa nuova comunione di Dio e degli uomini:
unita al Figlio unico diventato “il primogenito di molti fratelli” ( Rm 8,29
), essa è in comunione con un solo e medesimo Padre, in un solo e medesimo
Spirito Santo [Cf Ef 4,4-6 ]. Pregando il “Padre nostro”, ogni battezzato
prega in questa comunione: “La moltitudine di coloro che erano venuti alla
fede aveva un cuor solo e un'anima sola” ( At 4,32 ).
2791
Per questo, nonostante le divisioni dei cristiani, la preghiera al Padre
“nostro” rimane il bene comune e un appello urgente per tutti i battezzati.
In comunione con Cristo mediante la fede e il Battesimo, essi devono partecipare
alla preghiera di Gesù per l'unità dei suoi discepoli [Cf Conc. Ecum. Vat. II,
Unitatis redintegratio, 8; 22].
2792
Infine, se preghiamo in verità il “Padre nostro”, usciamo
dall'individualismo, perché ne siamo liberati dall'Amore che accogliamo. Il
“nostro” dell'inizio della Preghiera del Signore, come il “noi” delle
ultime quattro domande, non esclude nessuno. Perché sia detto in verità, [Cf
Mt 5,23-24; 2792 Mt 6,14-16 ] le nostre divisioni e i nostri antagonismi devono
essere superati.
2793
I battezzati non possono pregare il Padre “nostro” senza portare davanti a
lui tutti coloro per i quali egli ha dato il Figlio suo diletto. L'amore di Dio
è senza frontiere, anche la nostra preghiera deve esserlo [Cf Conc. Ecum. Vat.
II, Nostra aetate, 5]. Pregare il Padre “nostro” ci apre alle dimensioni del
suo amore, manifestato in Cristo: pregare con e per tutti gli uomini che ancora
non Lo conoscono, affinché siano riuniti in unità [Cf Gv 11,52 ]. Questa
sollecitudine divina per tutti gli uomini e per l'intera creazione ha animato
tutti i grandi oranti: deve dilatare la nostra preghiera agli spazi immensi
dell'amore, quando osiamo dire: Padre “nostro”.
IV.
“Che sei nei cieli”
2794
Questa espressione biblica non significa un luogo [ lo spazio”], bensì un
modo di essere; non la lontananza di Dio ma la sua maestà. Il nostro Padre non
è “altrove”: egli è “al di là di tutto” ciò che possiamo concepire
della sua Santità. Proprio perché è tre volte Santo, egli è vicinissimo al
cuore umile e contrito:
Ben
a ragione queste parole “Padre nostro che sei nei cieli” si intendono
riferite al cuore dei giusti, dove Dio abita come nel suo tempio. Pertanto colui
che prega desidererà che in lui prenda dimora colui che invoca [Sant'Agostino,
De Sermone Domini in monte, 2, 5, 17: PL 34, 1277].
I
“cieli” potrebbero essere anche coloro che portano l'immagine del cielo tra
i quali Dio abita e si muove [San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses
mistagogicae, 5, 11: PG 33, 1117B].
2795
Il simbolo dei cieli ci rimanda al mistero dell'Alleanza che viviamo quando
preghiamo il Padre nostro. Egli è nei cieli: questa è la sua Dimora; la Casa
del Padre è dunque la nostra “patria”. Il peccato ci ha esiliati dalla
terra dell'Alleanza [Cf Gen 3 ] ed è verso il Padre, verso il cielo, che ci fa
tornare la conversione del cuore [Cf Ger 3,19-4,1 a; Lc 15,18; 2795 Lc 15,21 ].
Ora, è in Cristo che il cielo e la terra sono riconciliati, [Cf Is 45,8; Sal
85,12 ] perché il Figlio “è disceso dal cielo”, da solo, e al cielo fa
tornare noi insieme con lui, per mezzo della sua croce, della sua Risurrezione e
della sua Ascensione [Cf Gv 12,32; Gv 14,2-3; Gv 16,28; 2795 Gv 20,17; Ef
4,9-10; Eb 1,3; Eb 2,13 ].
2796
Quando la Chiesa prega “Padre nostro che sei nei cieli”, professa che siamo
il Popolo di Dio, già “fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù” ( Ef 2,6 ),
nascosti “con Cristo in Dio” ( Col 3,3 ), mentre, al tempo stesso,
“sospiriamo in questo nostro stato, desiderosi di rivestirci del nostro corpo
celeste” ( 2Cor 5,2 ) [Cf Fil 3,20; Eb 13,14 ].
I
cristiani sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. Passano la loro vita
sulla terra, ma sono cittadini del cielo [Lettera a Diogneto, 5, 8-9].
2797
La confidenza semplice e filiale, la sicurezza umile e gioiosa sono le
disposizioni che convengono a chi prega il “Padre nostro”.
2798
Possiamo invocare Dio come “Padre” perché ce lo ha rivelato il Figlio di
Dio fatto uomo, nel quale, mediante il Battesimo, siamo incorporati e adottati
come figli di Dio.
2799
La Preghiera del Signore ci mette in comunione con il Padre e con il Figlio suo,
Gesù Cristo. Nel medesimo tempo rivela noi a noi stessi [Cf Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 22].
2800
Pregare il Padre nostro deve sviluppare in noi la volontà di somigliargli e
[far crescere] in noi un cuore umile e confidente.
2801
Dicendo Padre “nostro” noi invochiamo la nuova Alleanza in Gesù Cristo, la
comunione con la Santissima Trinità e l'amore divino che, attraverso la Chiesa,
abbraccia il mondo intero.
2802
L'espressione “che sei nei cieli” non indica un luogo, ma la maestà di Dio
e la sua presenza nel cuore dei giusti. Il cielo, la Casa del Padre, costituisce
la vera patria, verso la quale siamo in cammino e alla quale già apparteniamo.
LE
SETTE DOMANDE
2803
Dopo averci messo alla presenza di Dio nostro Padre per adorarlo, amarlo,
benedirlo, lo Spirito filiale fa salire dai nostri cuori sette domande, sette
benedizioni. Le prime tre, più teologali, ci attirano verso la gloria del
Padre, le ultime quattro, come altrettante vie verso di lui, offrono alla sua
grazia la nostra miseria. “L'abisso chiama l'abisso” ( Sal 42,8 ).
2804
Il primo gruppo di domande ci porta verso di lui, a lui: il tuo Nome, il tuo
Regno, la tua volontà. E' proprio dell'amore pensare innanzi tutto a colui che
si ama. In ognuna di queste tre petizioni noi non “ci” nominiamo, ma siamo
presi dal “desiderio ardente”, dall'“angoscia” stessa del Figlio diletto
per la gloria del Padre suo: [Cf Lc 22,14; Lc 12,50 ] “Sia santificato. . .
Venga. . . Sia fatta. . . ”: queste tre suppliche sono già esaudite nel
Sacrificio di Cristo Salvatore, ma sono ora rivolte, nella speranza, verso il
compimento finale, in quanto Dio non è ancora tutto in tutti [Cf 1Cor 15,28 ].
2805
Il secondo gruppo di domande si snoda con il movimento di certe Epiclesi
eucaristiche: è offerta delle nostre attese e attira lo sguardo del Padre delle
misericordie. Sale da noi e ci riguarda, adesso, in questo mondo: “dac ci . .
. rimetti a noi . . . non ci indurre. . . libera ci ”. La quarta e la quinta
domanda riguardano la nostra vita in quanto tale, sia per sostenerla con il
nutrimento, sia per guarirla dal peccato; le ultime due riguardano il nostro
combattimento per la vittoria della Vita, lo stesso combattimento della
preghiera.
2806
Attraverso le prime tre domande veniamo rafforzati nella fede, colmati di
speranza e infiammati di carità. Creature e ancora peccatori, dobbiamo
supplicare per noi, questo “noi” a misura del mondo e della storia, che
offriamo all'amore senza misura del nostro Dio. Infatti è per mezzo del Nome
del suo Cristo e mediante il Regno del suo Santo Spirito che il Padre nostro
realizza il suo Disegno di salvezza per noi e per il mondo intero.
I.
Sia santificato il tuo Nome
2807
Il termine “santificare” qui va inteso non già nel suo senso causativo (Dio
solo santifica, rende santo), ma piuttosto nel suo senso estimativo: riconoscere
come santo, trattare in una maniera santa. Per questo, nell'adorazione, tale
invocazione talvolta è sentita come una lode e un'azione di grazie [Cf Sal
111,9; Lc 1,49 ]. Ma questa petizione ci è insegnata da Gesù come un ottativo:
una domanda, un desiderio e un'attesa in cui sono impegnati Dio e l'uomo. Fin
dalla prima domanda al Padre nostro, siamo immersi nell'intimo mistero della sua
Divinità e nel dramma della salvezza della nostra umanità. Chiedergli che il
suo Nome sia santificato ci coinvolge nel Disegno che [egli] “nella sua
benevolenza aveva. . . prestabilito”, “per essere santi e immacolati al suo
cospetto nella carità” [Cf Ef 1,9; Ef 1,4 ].
2808
Nei momenti decisivi della sua Economia, Dio rivela il suo Nome, ma lo rivela
compiendo la sua opera. Questa però si realizza per noi e in noi solo se il suo
Nome da noi e in noi è santificato.
2809
La Santità di Dio è il centro inaccessibile del suo mistero eterno. Ciò che
di esso è manifestato nella creazione e nella storia, dalla Scrittura viene
chiamato la Gloria, l'irradiazione della sua maestà [Cf Sal 8; Is 6,3 ].
Creando l'uomo “a sua immagine e somiglianza” ( Gen 1,26 ), Dio lo corona
“di gloria” ( Sal 8,6 ), ma l'uomo, peccando, viene privato “della Gloria
di Dio” ( Rm 3,23 ). Da allora, Dio manifesta la propria Santità rivelando e
donando il proprio Nome per restaurare l'uomo “a immagine del suo Creatore”
( Col 3,10 ).
2810
Nella promessa fatta ad Abramo e nel giuramento che l'accompagna, [Cf Eb 6,13 ]
Dio si impegna personalmente ma senza svelare il proprio Nome. Incomincia a
rivelarlo a Mosè [Cf Es 3,14 ] e lo manifesta agli occhi di tutto il popolo
salvandolo dagli Egiziani: si è coperto di Gloria [Cf Es 15,1 ]. Dopo
l'Alleanza del Sinai, questo popolo è il “suo” e deve essere una “nazione
santa”, [O consacrata; nella lingua ebraica la parola è la medesima: cf Es
19,5-6 ] perché il Nome di Dio abita in mezzo ad essa.
2811
Ma, nonostante la Legge santa che il Dio Santo gli dà e torna a dargli: (Siate
santi, perché io, il Signore, Dio vostro, sono santo”: Lv 19,2 ) e benché il
Signore, “per riguardo al suo Nome”, usi pazienza, il popolo si allontana
dal Santo d'Israele e profana il suo Nome in mezzo alle nazioni [Cf Ez 20; Ez 36
]. Per questo i giusti dell'Antica Alleanza, i poveri tornati dall'esilio e i
profeti sono stati infiammati dalla passione per il Nome.
2812
Infine, è in Gesù che il Nome del Dio Santo ci viene rivelato e donato, nella
carne, come Salvatore: [Cf Mt 1,21; Lc 1,31 ] rivelato da ciò che egli E',
dalla sua Parola e dal suo Sacrificio [Cf Gv 8,28; Gv 17,8; Gv 17,17-19 ]. E' il
cuore della sua preghiera sacerdotale: “Padre santo. . . per loro io consacro
me stesso; perché siano anch'essi consacrati nella verità” ( Gv 17,19 ). E'
perché egli stesso “santifica” il suo Nome [Cf Ez 20,39; Ez 36,20-21 ] che
Gesù ci fa conoscere il Nome del Padre [Cf Gv 17,6 ]. Compiuta la sua Pasqua,
il Padre gli dà “il Nome che è al di sopra di ogni altro nome”: Gesù “è
il Signore a gloria di Dio Padre” ( Fil 2,9-11 ).
2813
Nell'acqua del Battesimo siamo stati “lavati. . . santificati. . .
giustificati nel Nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio”
( 1Cor 6,11 ). Lungo tutta la nostra vita il Padre nostro ci chiama “alla
santificazione” ( 1Ts 4,7 ), e, poiché è per lui che noi siamo “in Cristo
Gesù, il quale. . . è diventato per noi santificazione” ( 1Cor 1,30 ), ne va
della sua Gloria e della nostra vita che il suo Nome sia santificato in noi e da
noi. Sta qui l'urgenza della nostra prima domanda.
Chi
potrebbe santificare Dio, giacché è lui che santifica? Ma traendo ispirazione
da queste parole: “Sarete santi. . . poiché io, il Signore, sono santo” (
Lv 20,26 ), noi chiediamo che, santificati dal Battesimo, possiamo perseverare
in ciò che abbiamo incominciato ad essere. E lo chiediamo ogni giorno, perché
ogni giorno ci lasciamo sedurre dal male, e perciò dobbiamo purificarci dai
nostri peccati con una purificazione incessantemente ricominciata. . .
Ricorriamo, dunque, alla preghiera perché la santità dimori in noi [San
Cipriano di Cartagine, De oratione dominica, 12: PL 4, 526A-527A].
2814
Dipende inseparabilmente dalla nostra vita e dalla nostra preghiera che il suo
Nome sia santificato tra le nazioni:
Chiediamo
a Dio di santificare il suo Nome, perché è mediante la santità che egli salva
e santifica tutta la creazione. . . Si tratta del Nome che dà la salvezza al
mondo perduto, ma domandiamo che il Nome di Dio sia santificato in noi dalla
nostra vita. Infatti, se viviamo con rettitudine, il Nome divino è benedetto;
ma se viviamo nella disonestà, il Nome divino è bestemmiato, secondo quanto
dice l'Apostolo: “Il Nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i
pagani” ( Rm 2,24 ) [Cf Ez 36,20-22 ]. Noi, dunque, preghiamo per meritare di
essere santi come è santo il Nome del nostro Dio [San Pietro Crisologo,
Sermones 71: PL 52, 402A].
Quando
diciamo “Sia santificato il tuo Nome”, chiediamo che venga santificato in
noi, che siamo in lui, ma anche negli altri che non si sono ancora lasciati
raggiungere dalla grazia di Dio; ciò per conformarci al precetto che ci obbliga
a pregare per tutti, perfino per i nostri nemici. Ecco perché non diciamo
espressamente: Il tuo Nome sia santificato “in noi”; non lo diciamo perché
chiediamo che sia santificato in tutti gli uomini [Tertulliano De oratione, 3].
2815
Questa domanda, che le compendia tutte, è esaudita attraverso la preghiera di
Cristo, come le sei domande successive. La preghiera al Padre nostro è
preghiera nostra se è pregata “nel Nome” di Gesù [Cf Gv 14,13; Gv 15,16;
Gv 16,23-24; Gv 14,26 ]. Gesù nella sua preghiera sacerdotale chiede: “Padre
santo, custodisci nel tuo Nome coloro che mi hai dato” ( Gv 17,11 ).
II.
Venga il tuo Regno
2816
Nel Nuovo Testamento la parola “Basileia” può essere tradotta con regalità
(nome astratto), regno (nome concreto) oppure signoria (nome d'azione). Il Regno
di Dio è prima di noi; si è avvicinato nel Verbo incarnato, viene annunciato
in tutto il Vangelo, è venuto nella Morte e Risurrezione di Cristo. Il Regno di
Dio viene fin dalla santa Cena e nell'Eucaristia, esso è in mezzo a noi. Il
Regno verrà nella gloria allorché Cristo lo consegnerà al Padre suo:
E'
anche possibile che il Regno di Dio significhi Cristo in persona, lui che
invochiamo con i nostri desideri tutti i giorni, lui di cui bramiamo affrettare
la venuta con la nostra attesa. Come egli è la nostra Risurrezione, perché in
lui risuscitiamo, così può essere il Regno di Dio, perché in lui regneremo
[San Cipriano di Cartagine, De oratione dominica, 13: PL 4, 527C-528A].
2817
Questa richiesta è il “Marana tha”, il grido dello Spirito e della Sposa:
“Vieni, Signore Gesù”.
Anche
se questa preghiera non ci avesse imposto il dovere di chiedere l'avvento del
Regno, noi avremmo, con incontenibile spontaneità, lanciato questo grido,
bruciati dalla fretta di andare ad abbracciare ciò che forma l'oggetto delle
nostre speranze. Le anime dei martiri, sotto l'altare, invocano il Signore
gridando a gran voce: “Fino a quando, Sovrano, non vendicherai il nostro
sangue sopra gli abitanti della terra?” ( Ap 6,10 ). A loro, in realtà, dev'essere
fatta giustizia, alla fine dei tempi. Signore, affretta, dunque, la venuta del
tuo Regno! [Tertulliano, De oratione, 5]
2818
Nella Preghiera del Signore si tratta principalmente della venuta finale del
Regno di Dio con il ritorno di Cristo [Cf Tt 2,13 ]. Questo desiderio non
distoglie però la Chiesa dalla sua missione in questo mondo, anzi, la impegna
maggiormente. Infatti, dopo la Pentecoste, la venuta del Regno è l'opera dello
Spirito del Signore, inviato “a perfezionare la sua opera nel mondo e compiere
ogni santificazione” [Messale Romano, Preghiera eucaristica IV].
2819
“Il Regno di Dio. . . è giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” ( Rm
14,17 ). Gli ultimi tempi, nei quali siamo, sono quelli dell'effusione dello
Spirito Santo. Pertanto è ingaggiato un combattimento decisivo tra “la
carne” e lo Spirito: [Cf Gal 5,16-25 ]
Solo
un cuore puro può dire senza trepidazione alcuna: “Venga il tuo Regno”.
Bisogna essere stati alla scuola di Paolo per dire: “Non regni più dunque il
peccato nel nostro corpo mortale” ( Rm 6,12 ). Colui che nelle azioni, nei
pensieri, nelle parole si conserva puro, può dire a Dio: “Venga il tuo
Regno!” [San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses mistagogicae, 5, 13: PG 33,
1120A].
2820
Con un discernimento secondo lo Spirito, i cristiani devono distinguere tra la
crescita del Regno di Dio e il progresso della cultura e della società in cui
sono inseriti. Tale distinzione non è una separazione. La vocazione dell'uomo
alla vita eterna non annulla ma rende più imperioso il dovere di utilizzare le
energie e i mezzi ricevuti dal Creatore per servire in questo mondo la giustizia
e la pace [Con. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 22; 32; 39; 45; Paolo VI, Esort.
ap. Evangelii nuntiandi, 31].
2821
Questa domanda è assunta ed esaudita nella preghiera di Gesù, [Cf Gv 17,17-20
] presente ed efficace nell'Eucaristia; produce il suo frutto nella vita nuova
secondo le Beatitudini [Cf Mt 5,13-16; 2821 Mt 6,24; Mt 7,12-13 ].
III.
Sia fatta la tua Volontà come in cielo così in terra 2821 _
2822
La Volontà del Padre nostro è “che tutti gli uomini siano salvati e arrivino
alla conoscenza della verità” ( 1Tm 2,4 ). Egli “usa pazienza. . . non
volendo che alcuno perisca” ( 2Pt 3,9 ) [Cf Mt 18,14 ]. Il suo comandamento,
che compendia tutti gli altri e ci manifesta la sua Volontà, è che ci amiamo
gli uni gli altri, come egli ci ha amato [Cf Gv 13,34; 1Gv 3; 1Gv 4; Lc 10,25-37
].
2823
“Egli ci ha fatto conoscere il mistero della sua Volontà, secondo quanto
nella sua benevolenza aveva. . . prestabilito. . . il disegno cioè di
ricapitolare in Cristo tutte le cose. . . In lui siamo stati fatti anche eredi,
essendo stati predestinati secondo il piano di colui che tutto opera
efficacemente conforme alla sua Volontà” ( Ef 1,9-11 ). Noi chiediamo con
insistenza che si realizzi pienamente questo Disegno di benevolenza sulla terra,
come già è realizzato in cielo.
2824
E' in Cristo e mediante la sua volontà umana che la Volontà del Padre è stata
compiuta perfettamente e una volta per tutte. Gesù, entrando in questo mondo,
ha detto: “Ecco, Io vengo, . . . per fare, o Dio, la tua Volontà” ( Eb
10,7; Sal 40,7 ). Solo Gesù può affermare: “Io faccio sempre le cose che Gli
sono gradite” ( Gv 8,29 ). Nella preghiera della sua agonia, egli acconsente
totalmente alla Volontà del Padre: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà!”
( Lc 22,42 ) [Cf Gv 4,34; Gv 5,30; Gv 6,38 ]. Ecco perché Gesù “ha dato se
stesso per i nostri peccati... secondo la Volontà di Dio” ( Gal 1,4 ). “E'
appunto per quella Volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo
dell'offerta del Corpo di Gesù Cristo” ( Eb 10,10 ).
2825
Gesù “pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì”
( Eb 5,8 ); a maggior ragione, noi, creature e peccatori, diventati in lui figli
di adozione. Noi chiediamo al Padre nostro di unire la nostra volontà a quella
del Figlio suo per compiere la sua Volontà, il suo Disegno di salvezza per la
vita del mondo. Noi siamo radicalmente incapaci di ciò, ma, uniti a Gesù e con
la potenza del suo Santo Spirito, possiamo consegnare a lui la nostra volontà e
decidere di scegliere ciò che sempre ha scelto il Figlio suo: fare ciò che
piace al Padre: [Cf Gv 8,29 ]
Aderendo
a Cristo, possiamo diventare un solo Spirito con lui e così compiere la sua
Volontà; in tal modo essa sarà fatta perfettamente in terra come in cielo
[Origene, De oratione, 26].
Considerate
come Gesù Cristo ci insegni ad essere umili, mostrandoci che la nostra virtù
non dipende soltanto dai nostri sforzi, ma anche dalla grazia di Dio. Egli
comanda ad ogni fedele che prega, di farlo con respiro universale, cioè per
tutta la terra. Egli, infatti, non dice “sia fatta la tua Volontà” in me o
in voi, “ma in terra, su tutta la terra”; e ciò perché dalla terra sia
eliminato l'errore e sulla terra regni la verità, sia distrutto il vizio,
rifiorisca la virtù, e la terra non sia diversa dal cielo [San Giovanni
Crisostomo, Homilia in Matthaeum, 19, 5: PG 57, 280B].
2826
E' mediante la preghiera che possiamo “discernere la Volontà di Dio” ( Rm
12,2 ) [Cf Ef 5,17 ] ed ottenere la costanza nel compierla [Cf Eb 10,36 ]. Gesù
ci insegna che si entra nel Regno dei cieli non a forza di parole, ma facendo
“la Volontà del Padre” suo “che è nei cieli” ( Mt 7,21 ).
2827
Se uno fa la Volontà di Dio, egli lo ascolta [Cf Gv 9,31; 1Gv 5,14 ]. Tale è
la potenza della preghiera della Chiesa nel Nome del suo Signore, soprattutto
nell'Eucaristia; essa è comunione d'intercessione con la Santissima Madre di
Dio [Cf Lc 1,38; Lc 1,49 ] e con tutti i santi che sono stati “graditi” al
Signore per non aver voluto che la sua Volontà:
Possiamo
anche, senza offendere la verità, dare alle parole: “Sia fatta la tua Volontà
come in cielo così in terra” questo significato: sia fatta nella Chiesa come
nel Signore nostro Gesù Cristo; sia fatta nella Sposa, che a lui è stata
fidanzata, come nello Sposo che ha compiuto la Volontà del Padre
[Sant'Agostino, De Sermone Domini in monte, 2, 6, 24: PL 34, 1279].
IV.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano
2828
“ Dacci ”: è bella la fiducia dei figli che attendono tutto dal loro Padre.
Egli “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere
sopra i giusti e sopra gli ingiusti” ( Mt 5,45 ) e dà a tutti i viventi “il
cibo in tempo opportuno” ( Sal 104,27 ). Gesù ci insegna questa domanda, che
in realtà glorifica il Padre nostro perché è il riconoscimento di quanto egli
sia Buono al di là di ogni bontà.
2829
“Dacci” è anche l'espressione dell'Alleanza: noi siamo suoi ed egli è
nostro, è per noi. Questo “noi” però lo riconosce anche come il Padre di
tutti gli uomini, e noi lo preghiamo per tutti, solidali con le loro necessità
e le loro sofferenze.
2830
“ Il nostro pane ”. Il Padre, che ci dona la vita, non può non darci il
nutrimento necessario per la vita, tutti i beni “convenienti”, materiali e
spirituali. Nel Discorso della montagna Gesù insiste su questa confidenza
filiale che coopera con la Provvidenza del Padre nostro [Cf Mt 6,25-34 ]. Egli
non ci spinge alla passività, [Cf 2Ts 3,6-13 ] ma vuole liberarci da ogni
affanno e da ogni preoccupazione. Tale è l'abbandono filiale dei figli di Dio:
A
chi cerca il Regno di Dio e la sua giustizia, egli promette di dare tutto in
aggiunta. In realtà, tutto appartiene a Dio e nulla manca all'uomo che possiede
Dio, se egli stesso non manca a Dio [San Cipriano di Cartagine, De oratione
dominica, 21: PL 4, 534A].
2831
Il fatto però che ci siano coloro che hanno fame per mancanza di pane, svela
un'altra profondità di questa domanda. Il dramma della fame nel mondo chiama i
cristiani che pregano in verità ad una responsabilità fattiva nei confronti
dei loro fratelli, sia nei loro comportamenti personali sia nella loro
solidarietà con la famiglia umana. Questa petizione della Preghiera del Signore
non può essere isolata dalle parabole del povero Lazzaro [Cf Lc 16,19-31 ] e
del giudizio finale [Cf Mt 25,31-46 ].
2832
Come il lievito nella pasta, così la novità del Regno deve “fermentare” la
terra per mezzo dello Spirito di Cristo [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Apostolicam
actuositatem, 5]. Deve rendersi evidente attraverso l'instaurarsi della
giustizia nelle relazioni personali e sociali, economiche e internazionali; né
va mai dimenticato che non ci sono strutture giuste senza uomini che vogliono
essere giusti.
2833
Si tratta del “nostro” pane, “uno” per “molti”. La povertà delle
Beatitudini è la virtù della condivisione: sollecita a mettere in comune e a
condividere i beni materiali e spirituali, non per costrizione, ma per amore,
perché l'abbondanza degli uni supplisca alla indigenza degli altri [Cf 2Cor
8,1-15 ].
2834
“Prega e lavora” [Cf San Benedetto, La Regola, 20; 48]. “Dobbiamo pregare
come se tutto dipendesse da Dio, e agire come se tutto dipendesse da noi”
[Attribuito a Sant'Ignazio di Loyola, citato in E. Bianco, Dizionario di
pensieri citabili,Torino 1990, 26]. Dopo aver eseguito il nostro lavoro, il cibo
resta un dono del Padre nostro; è giusto chiederglielo e di questo rendergli
grazie. Questo è il senso della benedizione della mensa in una famiglia
cristiana.
2835
Questa domanda e la responsabilità che comporta, valgono anche per un'altra
fame di cui gli uomini soffrono: “L'uomo non vive soltanto di pane, ma. . . di
quanto esce dalla bocca del Signore” ( Dt 8,3 ), [Cf Mt 4,4 ] cioè della sua
Parola e del suo Soffio. I cristiani devono mobilitare tutto il loro impegno per
“annunziare il Vangelo ai poveri”. C'è una fame sulla terra, “non fame di
pane, né sete di acqua, ma di ascoltare la Parola di Dio” ( Am 8,11 ). Perciò
il senso specificamente cristiano di questa quarta domanda riguarda il Pane di
Vita: la Parola di Dio da accogliere nella fede, il Corpo di Cristo ricevuto
nell'Eucaristia [Cf Gv 6,26-58 ].
2836
“ Oggi ”. E' anch'essa un'espressione di fiducia. Ce la insegna il Signore;
[Cf Mt 6,34; 2836 Es 16,19 ] non poteva inventarla la nostra presunzione. Poiché
si tratta soprattutto della sua Parola e del Corpo del Figlio suo, questo
“oggi” non è soltanto quello del nostro tempo mortale: è l'Oggi di Dio:
Se
ricevi il Pane ogni giorno, per te ogni giorno è oggi. Se oggi Cristo è tuo,
egli risorge per te ogni giorno. In che modo? “Tu sei mio Figlio, oggi Io ti
ho generato” ( Sal 2,7 ). L'oggi è quando Cristo risorge [Sant'Ambrogio, De
sacramentis, 5, 26: PL 16, 453A].
2837
“ Quotidiano ” (di questo giorno e di ogni giorno). Questa parola, “épiousios”,
non è usata in nessun altro passo del Nuovo Testamento. Intesa nel suo
significato temporale, è una ripresa pedagogica di “oggi”, [Cf Es 16,19-21
] per confermarci in una confidenza “senza riserve”. Intesa in senso
qualitativo, significa il necessario per la vita e, in senso lato, ogni bene
sufficiente per il sostentamento [Cf 1Tm 6,8 ]. Presa alla lettera [piousios:
“sovra-sostanziale”] la parola indica direttamente il Pane di Vita, il Corpo
di Cristo, “farmaco d'immortalità” [Sant'Ignazio di Antiochia, Epistula ad
Ephesios, 20, 2: PG 5, 661] senza il quale non abbiamo in noi la Vita [Cf Gv
6,53-56 ]. Infine, legato al precedente, è evidente il senso celeste: “questo
Giorno” è quello del Signore, quello del Banchetto del Regno, anticipato
nell'Eucaristia, che è già pregustazione del Regno che viene. Per questo è
bene che la Liturgia eucaristica sia celebrata “ogni giorno”.
L'Eucaristia
è il nostro pane quotidiano. . . La virtù propria di questo nutrimento è
quella di produrre l'unità, affinché, resi Corpo di Cristo, divenuti sue
membra, siamo ciò che riceviamo. . . ma anche le letture che ascoltate ogni
giorno in chiesa sono pane quotidiano, e l'ascoltare e recitare inni è pane
quotidiano. Questi sono i sostegni necessari al nostro pellegrinaggio terreno
[Sant'Agostino, Sermones, 57, 7, 7: PL 38, 389].
Il
Padre del cielo ci esorta a chiedere come bambini del cielo il Pane del cielo
[Cf Gv 6,51 ]. Cristo “egli stesso è il pane che, seminato nella Vergine,
lievitato nella carne, impastato nella Passione, cotto nel forno del sepolcro,
conservato nella chiesa, portato sugli altari, somministra ogni giorno ai fedeli
un alimento celeste” [San Pietro Crisologo, Sermones, 71: PL 52, 402D].
V.
Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
2838
Questa domanda è sorprendente. Se consistesse soltanto nel primo membro della
frase - “Rimetti a noi i nostri debiti” - potrebbe essere implicitamente
inclusa nelle prime tre domande della Preghiera del Signore, dal momento che il
sacrificio di Cristo è “per la remissione dei peccati”. Ma, secondo l'altro
membro della frase, la nostra domanda verrà esaudita solo a condizione che noi,
prima, abbiamo risposto ad un'esigenza. La nostra richiesta è rivolta verso il
futuro, la nostra risposta deve averla preceduta; una parola le collega:
“come”.
Rimetti
a noi i nostri debiti...
2839
Abbiamo iniziato a pregare il Padre nostro con una confidenza audace. Implorando
che il suo Nome sia santificato, gli abbiamo chiesto di essere sempre più
santificati. Ma, sebbene rivestiti della veste battesimale, noi non cessiamo di
peccare, di allontanarci da Dio. Ora, con questa nuova domanda, torniamo a lui,
come il figlio prodigo, [Cf Lc 15,11-32 ] e ci riconosciamo peccatori, davanti a
lui, come il pubblicano [Cf Lc 18,13 ]. La nostra richiesta inizia con una
“confessione”, con la quale confessiamo ad un tempo la nostra miseria e la
sua misericordia. La nostra speranza è sicura, perché, nel Figlio suo,
“abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati” ( Col 1,14; Ef 1,7 ). Il
segno efficace ed indubbio del suo perdono lo troviamo nei sacramenti della sua
Chiesa [Cf Mt 26,28; Gv 20,23 ].
2840
Ora, ed è cosa tremenda, questo flusso di misericordia non può giungere al
nostro cuore finché noi non abbiamo perdonato a chi ci ha offeso. L'Amore, come
il Corpo di Cristo, è indivisibile: non possiamo amare Dio che non vediamo, se
non amiamo il fratello, la sorella che vediamo [Cf 1Gv 4,20 ]. Nel rifiuto di
perdonare ai nostri fratelli e alle nostre sorelle, il nostro cuore si chiude e
la sua durezza lo rende impermeabile all'amore misericordioso del Padre; nella
confessione del nostro peccato, il nostro cuore è aperto alla sua grazia.
2841
Questa domanda è tanto importante che è la sola su cui il Signore torna
sviluppandola nel Discorso della montagna [Cf Mt 6,14-15; Mt 5,23-24; 2841 Mc
11,25 ]. All'uomo è impossibile soddisfare questa cruciale esigenza del mistero
dell'Alleanza. Ma “tutto è possibile a Dio”.
...
come noi li rimettiamo ai nostri debitori
2842
Questo “come” non è unico nell'insegnamento di Gesù: “Siate perfetti
"come" è perfetto il Padre vostro celeste” ( Mt 5,48 ); “Siate
misericordiosi "come" è misericordioso il Padre vostro”( Lc 6,36 );
“Vi dò un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri;
"come" io vi ho amati, così amatevi anche voi” ( Gv 13,34 ). E'
impossibile osservare il comandamento del Signore, se si tratta di imitare il
modello divino dall'esterno. Si tratta invece di una partecipazione vitale, che
scaturisce “dalla profondità del cuore”, alla Santità, alla Misericordia,
all'Amore del nostro Dio. Soltanto lo Spirito, che è la nostra Vita, [Cf Gal
5,25 ] può fare “nostri” i medesimi sentimenti che furono in Cristo Gesù
[Cf Fil 2,1; Fil 2,5 ]. Allora diventa possibile l'unità del perdono,
perdonarci “a vicenda "come" Dio ha perdonato” a noi “in
Cristo” ( Ef 4,32 ).
2843
Così prendono vita le parole del Signore sul perdono, questo Amore che ama fino
alla fine [Cf Gv 13,1 ]. La parabola del servo spietato, che corona
l'insegnamento del Signore sulla comunione ecclesiale, [Cf Mt 18,23-35 ] termina
con queste parole: “Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi,
se non perdonerete di cuore al vostro fratello”. E' lì, infatti, “nella
profondità del cuore ” che tutto si lega e si scioglie. Non è in nostro
potere non sentire più e dimenticare l'offesa; ma il cuore che si offre allo
Spirito Santo tramuta la ferita in compassione e purifica la memoria
trasformando l'offesa in intercessione.
2844
La preghiera cristiana arriva fino al perdono dei nemici [Cf Mt 5,43-44 ]. Essa
trasfigura il discepolo configurandolo al suo Maestro. Il perdono è un culmine
della preghiera cristiana; il dono della preghiera non può essere ricevuto che
in un cuore in sintonia con la compassione divina. Il perdono sta anche a
testimoniare che, nel nostro mondo, l'amore è più forte del peccato. I martiri
di ieri e di oggi rinnovano questa testimonianza di Gesù. Il perdono è la
condizione fondamentale della Riconciliazione [Cf 2Cor 5,18-21 ] dei figli di
Dio con il loro Padre e degli uomini tra loro [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Dives in misericordia, 14].
2845
Non c'è né limite né misura a questo perdono essenzialmente divino [Cf Mt
18,21-22; Lc 17,3-4 ]. Se si tratta di offese (di “peccati” secondo Lc 11,4
o di “debiti” secondo Mt 6,12 ), in realtà noi siamo sempre debitori:
“Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore
vicendevole” ( Rm 13,8 ). La comunione della Santissima Trinità è la
sorgente e il criterio della verità di ogni relazione [Cf 1Gv 3,19-24 ]. Essa
è vissuta nella preghiera, specialmente nell'Eucaristia: [ Mt 5,23-24 ]
Dio
non accetta il sacrificio di coloro che fomentano la divisione; dice loro di
lasciare sull'altare l'offerta e di andare, prima, a riconciliarsi con i loro
fratelli. Dio vuole che ce lo riconciliamo con preghiere che salgono da cuori
pacificati. Ciò che più fortemente obbliga Dio è la nostra pace, la nostra
concordia, l'unità di tutto il popolo dei credenti, nel Padre nel Figlio e
nello Spirito Santo [Cf San Cipriano di Cartagine, De oratione dominica, 23: PL
4, 535C-536A].
VI.
Non ci indurre in tentazione
2846
Questa domanda va alla radice della precedente, perché i nostri peccati sono
frutto del consenso alla tentazione. Noi chiediamo al Padre nostro di non
“indurci” in essa. Tradurre con una sola parola il termine greco è
difficile: significa “non permettere di entrare in”, [Cf Mt 26,41 ] “non
lasciarci soccombere alla tentazione”. “Dio non può essere tentato dal male
e non tenta nessuno al male” ( Gc 1,13 ); al contrario, vuole liberarcene. Noi
gli chiediamo di non lasciarci prendere la strada che conduce al peccato. Siamo
impegnati nella lotta “tra la carne e lo Spirito”. Questa richiesta implora
lo Spirito di discernimento e di fortezza.
2847
Lo Spirito Santo ci porta a discernere tra la prova, necessaria alla crescita
dell'uomo interiore [Cf Lc 8,13-15; At 14,22; 2Tm 3,12 ] in vista di una “virtù
provata” ( Rm 5,3-5 ) e la tentazione, che conduce al peccato e alla morte [Cf
Gc 1,14-15 ]. Dobbiamo anche distinguere tra “essere tentati” e
“consentire” alla tentazione. Infine, il discernimento smaschera la menzogna
della tentazione: apparentemente il suo oggetto è “buono, gradito agli occhi
e desiderabile” ( Gen 3,6 ), mentre, in realtà, il suo frutto è la morte.
Dio
non vuole costringere al bene: vuole esseri liberi. . . La tentazione ha una sua
utilità. Tutti, all'infuori di Dio, ignorano ciò che l'anima nostra ha
ricevuto da Dio; lo ignoriamo perfino noi. Ma la tentazione lo svela, per
insegnarci a conoscere noi stessi e, in tal modo, a scoprire ai nostri occhi la
nostra miseria e per obbligarci a rendere grazie per i beni che la tentazione ci
ha messo in grado di riconoscere [Origene, De oratione, 29].
2848
“Non entrare nella tentazione” implica una decisione del cuore: “Là dov'è
il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore. . . Nessuno può servire a due
padroni” ( Mt 6,21; Mt 6,24 ). “Se viviamo dello Spirito, camminiamo anche
secondo lo Spirito” ( Gal 5,25 ). In questo “consenso” allo Spirito Santo
il Padre ci dà la forza. “Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non
umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre
forze; ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per
sopportarla” ( 1Cor 10,13 ).
2849
Il combattimento e la vittoria sono possibili solo nella preghiera. E' per mezzo
della sua preghiera che Gesù è vittorioso sul Tentatore, fin dall'inizio [Cf
Mt 4,1-11 ] e nell'ultimo combattimento della sua agonia [Cf Mt 26,36-44 ]. Ed
è al suo combattimento e alla sua agonia che Cristo ci unisce in questa domanda
al Padre nostro. La vigilanza del cuore, in unione alla sua, è richiamata
insistentemente [ Cf Mc 13,9; Mc 13,23; Mc 13,33-37; 2849 Mc 14,38; Lc 12,35-40
]. La vigilanza è “custodia del cuore” e Gesù chiede al Padre di
custodirci nel suo Nome [Cf Gv 17,11 ]. Lo Spirito Santo opera per suscitare in
noi, senza posa, questa vigilanza [Cf 1Cor 16,13; Col 4,2; 1Ts 5,6; 1Pt 5,8 ].
Questa richiesta acquista tutto il suo significato drammatico in rapporto alla
tentazione finale del nostro combattimento quaggiù; implora la perseveranza
finale. “Ecco, Io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante” ( Ap 16,15 ).
VII.
Ma liberaci dal Male
2850
L'ultima domanda al Padre nostro si trova anche nella preghiera di Gesù: “Non
chiedo che Tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal Maligno” ( Gv 17,15
). Riguarda ognuno di noi personalmente; però siamo sempre “noi” a pregare,
in comunione con tutta la Chiesa e per la liberazione dell'intera famiglia
umana. La Preghiera del Signore ci apre continumente alle dimensioni
dell'Economia della salvezza. La nostra interdipendenza nel dramma del peccato e
della morte diventa solidarietà nel Corpo di Cristo, nella “comunione dei
santi” [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Reconciliatio
et paenitentia, 16].
2851
In questa richiesta, il Male non è un'astrazione; indica invece una persona:
Satana, il Maligno, l'angelo che si oppone a Dio. Il “diavolo”
[dia-bolos”, colui che “si getta di traverso”] è colui che “vuole
ostacolare” il Disegno di Dio e la sua “opera di salvezza” compiuta in
Cristo.
2852
“Omicida fin dal principio”, “menzognero e padre di menzogna” ( Gv 8,44
), “Satana, che seduce tutta la terra” ( Ap 12,9 ), è a causa sua che il
peccato e la morte sono entrati nel mondo, ed è in virtù della sua sconfitta
definitiva che tutta la creazione sarà liberata “dalla corruzione del peccato
e della morte” [Messale Romano, Preghiera eucaristica IV]. “Sappiamo che
chiunque è nato da Dio non pecca: chi è nato da Dio preserva se stesso e il
Maligno non lo tocca. Noi sappiamo che siamo nati da Dio, mentre tutto il mondo
giace sotto il potere del Maligno” ( 1Gv 5,18-19 ):
Il
Signore, che ha cancellato il vostro peccato e ha perdonato le vostre colpe, è
in grado di proteggervi e di custodirvi contro le insidie del diavolo che è il
vostro avversario, perché il nemico, che suole generare la colpa, non vi
sorprenda. Ma chi si affida a Dio, non teme il diavolo. “Se infatti Dio è
dalla nostra parte, chi sarà contro di noi?” ( Rm 8,31 ) [Sant'Ambrogio, De
sacramentis, 5, 30: PL 16, 454AB].
2853
La vittoria sul “principe del mondo” ( Gv 14,30 ) è conseguita, una volta
per tutte, nell'Ora in cui Gesù si consegna liberamente alla morte per darci la
sua Vita. Avviene allora il giudizio di questo mondo e il principe di questo
mondo è “gettato fuori” ( Gv 12,31 ) [Cf Ap 12,10 ]. Si avventa “contro
la Donna”, [Cf Ap 12,13-16 ] ma non la può ghermire: la nuova Eva, “piena
di grazia” dello Spirito Santo, è preservata dal peccato e dalla corruzione
della morte (Concezione immacolata e Assunzione della Santissima Madre di Dio,
Maria, sempre vergine). Allora si infuria “contro la Donna” e se ne va “a
far guerra contro il resto della sua discendenza” ( Ap 12,17 ). E' per questo
che lo Spirito e la Chiesa pregano: “Vieni, Signore Gesù” ( Ap 22,17; Ap
22,20 ): la sua venuta, infatti, ci libererà dal Maligno.
2854
Chiedendo di essere liberati dal Maligno, noi preghiamo nel contempo per essere
liberati da tutti i mali, presenti, passati e futuri, di cui egli è l'artefice
o l'istigatore. In quest'ultima domanda la Chiesa porta davanti al Padre tutta
la miseria del mondo. Insieme con la liberazione dai mali che schiacciano
l'umanità, la Chiesa implora il dono prezioso della pace e la grazia
dell'attesa perseverante del ritorno di Cristo. Pregando così, anticipa
nell'umiltà della fede la ricapitolazione di tutti e di tutto in colui che ha
“potere sopra la Morte e sopra gli Inferi” ( Ap 1,18 ), “colui che è, che
era e che viene, l'Onnipotente!” ( Ap 1,8 ): [Cf Ap 1,4 ]
Liberaci,
o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni e con l'aiuto della
tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento,
nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù
Cristo [Messale Romano, Embolismo].
2855
La dossologia finale “perché tuo è il regno, la gloria e il potere”
riprende, per inclusione, le prime tre domande al Padre nostro: la
glorificazione del suo Nome, la venuta del suo Regno e il potere della sua
Volontà salvifica. Ma questa ripresa ha la forma dell'adorazione e dell'azione
di grazie, come nella liturgia celeste [Cf Ap 1,6; Ap 4,11; Ap 5,13 ]. Il
principe di questo mondo si era attribuito in modo menzognero questi tre titoli
di regalità, di potere e di gloria; [Cf Lc 4,5-6 ] Cristo, il Signore, li
restituisce al Padre suo e Padre nostro, finché gli consegnerà il Regno,
quando il Mistero della salvezza sarà definitivamente compiuto e Dio sarà
tutto in tutti [ Cf 1Cor 15,24-28 ].
2856
“Al termine della preghiera, tu dici: Amen, sottolineando con l'Amen, che
significa "Così sia", [Cf Lc 1,38 ] ciò che è nella preghiera da
Dio insegnata” [San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses mistagogicae, 5, 18: PG
33, 1124A].
2857
Nel “Padre nostro” le prime tre domande hanno come oggetto la Gloria del
Padre: la santificazione del Nome, l'avvento del Regno e il compimento della
Volontà divina. Le altre quattro presentano a lui i nostri desideri: queste
domande riguardano la nostra vita per nutrirla e guarirla dal peccato, e si
ricollegano al nostro combattimento per la vittoria del Bene sul Male.
2858
Chiedendo: “Sia santificato il tuo Nome”, entriamo nel Disegno di Dio: la
santificazione del suo Nome - rivelato a Mosè, poi in Gesù da parte nostra e
in noi, come in ogni popolo e in ogni uomo.
2859
Con la seconda domanda la Chiesa guarda principalmente al ritorno di Cristo e
alla venuta finale del Regno di Dio. Ma prega anche per la crescita del Regno di
Dio nell'“oggi” delle nostre vite.
2860
Nella terza domanda preghiamo il Padre nostro di unire la nostra volontà a
quella del Figlio suo, perché si compia il suo Disegno di salvezza nella vita
del mondo.
2861
Nella quarta domanda, dicendo “Dacci”, esprimiamo, in comunione con i nostri
fratelli, la nostra fiducia filiale verso il Padre nostro dei cieli. “Il
nostro pane” significa il nutrimento terreno a tutti necessario per il proprio
sostentamento, ma indica pure il Pane di Vita: Parola di Dio e Corpo di Cristo.
Esso è ricevuto nell' “Oggi” di Dio, come il cibo indispensabile,
(sovra-)essenziale del Banchetto del Regno, che l'Eucaristia anticipa.
2862
La quinta domanda implora la misericordia di Dio per le nostre offese; essa però
non può giungere al nostro cuore, se non abbiamo saputo perdonare ai nostri
nemici, sull'esempio e con l'aiuto di Cristo.
2863
Dicendo “Non ci indurre in tentazione”, chiediamo a Dio che non ci permetta
di prendere la strada che conduce al peccato. Questa domanda implora lo Spirito
di discernimento e di fortezza e chiede la grazia della vigilanza e della
perseveranza finale.
2864
Nell'ultima domanda “ma liberaci dal Male”, il cristiano insieme con la
Chiesa prega Dio di manifestare la vittoria, già conseguita da Cristo, sul
“Principe di questo mondo”, su Satana, l'angelo che si oppone personalmente
a Dio e al suo Disegno di salvezza.
2865
Con l'“Amen” finale esprimiamo il nostro “fiat” alle sette domande:
“Così sia”.