IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

Parte TERZA - sezione seconda

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PARTE TERZA - LA VITA IN CRISTO

SEZIONE SECONDA -  I DIECI COMANDAMENTI

CAPITOLO SECONDO - “AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE STESSO”

 

2196 Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei comandamenti, Gesù disse: “Il primo è: "Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". E il secondo è questo: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Non c'è altro comandamento più importante di questo” (Mc 12,29-31).

 L'Apostolo san Paolo lo richiama: “Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il precetto: "non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare" e qualsiasi altro comandamento, si riassumono in queste parole: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore” ( Rm 13,8-10 ).

 

 Articolo 4

 IL QUARTO COMANDAMENTO

 

 Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio ( Es 20,12 ).

 Stava loro sottomesso ( Lc 2,51 ).

 Lo stesso Signore Gesù ha ricordato l'importanza di questo “comandamento di Dio” ( Mc 7,8-13 ). L'Apostolo insegna: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore, perché questo è giusto. "Onora tuo padre e tua madre": è questo il primo comandamento associato a una promessa: "perché tu sia felice e goda di una vita lunga sopra la terra"” ( Ef 6,1-3 ) [Cf Dt 5,16 ].

 

 2197 Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità.

 

 2198 Questo comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da compiere. Annunzia i comandamenti successivi, concernenti un rispetto particolare della vita, del matrimonio, dei beni terreni, della parola. Costituisce uno dei fondamenti della dottrina sociale della Chiesa.

 

 2199 Il quarto comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e i governanti.

 Questo comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi, magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o su una comunità di persone.

 

 2200 L'osservanza del quarto comandamento comporta una ricompensa: “Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio” ( Es 20,12 ) [Cf Dt 5,16 ]. Il rispetto di questo comandamento procura, insieme con i frutti spirituali, frutti temporali di pace e di prosperità. Al contrario, la trasgressione di questo comandamento arreca gravi danni alle comunità e alle persone umane.

   

I. La famiglia nel piano di Dio

 

Natura della famiglia

 

 2201 La comunità coniugale è fondata sul consenso degli sposi. Il matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene degli sposi e alla procreazione ed educazione dei figli. L'amore degli sposi e la generazione dei figli stabiliscono tra i membri di una medesima famiglia relazioni personali e responsabilità primarie.

 

 2202 Un uomo e una donna uniti in matrimonio formano insieme con i loro figli una famiglia. Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica autorità; si impone da sé. La si considererà come il normale riferimento, in funzione del quale devono essere valutate le diverse forme di parentela.  

 

 2203 Creando l'uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e l'ha dotata della sua costituzione fondamentale. I suoi membri sono persone uguali in dignità. Per il bene comune dei suoi membri e della società, la famiglia comporta una diversità di responsabilità, di diritti e di doveri.

   

La famiglia cristiana

 

 2204 “La famiglia cristiana offre una rivelazione e una realizzazione specifica della comunione ecclesiale; anche per questo motivo, può e deve essere chiamata "chiesa domestica" ” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 21; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Essa è una comunità di fede, di speranza e di carità; nella Chiesa riveste una singolare importanza come è evidente nel Nuovo Testamento [Cf Ef 5,21-6,4; Col 3,18-21; 1Pt 3,1-7 ].

 

 2205 La famiglia cristiana è una comunione di persone, segno e immagine della comunione del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. La sua attività procreatrice ed educativa è il riflesso dell'opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a condividere la preghiera e il sacrificio di Cristo. La preghiera quotidiana e la lettura della Parola di Dio corroborano in essa la carità. La famiglia cristiana è evangelizzatrice e missionaria.

 

 2206 Le relazioni in seno alla famiglia comportano un'affinità di sentimenti, di affetti e di interessi, che nasce soprattutto dal reciproco rispetto delle persone. La famiglia è una comunità privilegiata chiamata a realizzare “un'amorevole apertura di animo tra i coniugi e... una continua collaborazione tra i genitori nell'educazione dei figli” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 52].

   

II. La famiglia e la società

 

 2207 La famiglia è la cellula originaria della vita sociale. E' la società naturale in cui l'uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell'amore e nel dono della vita. L'autorità, la stabilità e la vita di relazione in seno alla famiglia costituiscono i fondamenti della libertà, della sicurezza, della fraternità nell'ambito della società. La famiglia è la comunità nella quale, fin dall'infanzia, si possono apprendere i valori morali, si può incominciare ad onorare Dio e a far buon uso della libertà. La vita di famiglia è un'iniziazione alla vita nella società.

 

 2208 La famiglia deve vivere in modo che i suoi membri si aprano all'attenzione e all'impegno in favore dei giovani e degli anziani, delle persone malate o handicappate e dei poveri. Numerose sono le famiglie che, in certi momenti, non hanno la possibilità di dare tale aiuto. Tocca allora ad altre persone, ad altre famiglie e, sussidiariamente, alla società provvedere ai bisogni di costoro: “Una religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo mondo” ( Gc 1,27 ).

 

 2209 La famiglia deve essere aiutata e difesa con appropriate misure sociali. Là dove le famiglie non sono in grado di adempiere alle loro funzioni, gli altri corpi sociali hanno il dovere di aiutarle e di sostenere l'istituto familiare. In base al principio di sussidiarietà, le comunità più grandi si guarderanno dall'usurpare le sue prerogative o di ingerirsi nella sua vita.

 

 2210 L'importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47] comporta per la società stessa una particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il matrimonio e la famiglia. Il potere civile consideri “come un sacro dovere rispettare, proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità domestica” [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47].

 

 2211 La comunità politica ha il dovere di onorare la famiglia, di assisterla, e di assicurarle in particolare:

 - la libertà di costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le proprie con vinzioni morali e religiose;

 - la tutela della stabilità del vincolo coniugale e dell'istituto familiare;

 - la libertà di professare la propria fede, di trasmetterla, di educare in essa i figli, avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie;

 - il diritto alla proprietà privata, la libertà di intraprendere un'attività, di procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di emigrare;

 - in conformità alle istituzioni dei paesi, il diritto alle cure mediche, all'assi stenza per le persone anziane, agli assegni familiari;

 - la difesa della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la droga, la pornografia, l'alcolismo, ecc.;

 - la libertà di formare associazioni con altre famiglie e di essere in tal modo rappresentate presso le autorità civili [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 46].

 

 2212 Il quarto comandamento illumina le altre relazioni nella società. Nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle, vediamo i figli dei nostri genitori; nei nostri cugini, i discendenti dei nostri avi; nei nostri concittadini, i figli della nostra patria; nei battezzati, i figli della Chiesa, nostra madre; in ogni persona umana, un figlio o una figlia di colui che vuole essere chiamato “Padre nostro”. Conseguentemente, le nostre relazioni con il prossimo sono di carattere personale. Il prossimo non è un “individuo” della collettività umana; è “qualcuno” che, per le sue origini conosciute, merita un'attenzione e un rispetto singolari.

 

 2213 Le comunità umane sono composte di persone. Il loro buon governo non si limita alla garanzia dei diritti e all'osservanza dei doveri, come pure al rispetto dei contratti. Giuste relazioni tra imprenditori e dipendenti, governanti e cittadini presuppongono la naturale benevolenza conforme alla dignità delle persone umane, cui stanno a cuore la giustizia e la fraternità.

   

III. Doveri dei membri della famiglia

 

Doveri dei figli

 

 2214 La paternità divina è la sorgente della paternità umana; [Cf Ef 3,14 ] è la paternità divina che fonda l'onore dovuto ai genitori. Il rispetto dei figli, minorenni o adulti, per il proprio padre e la propria madre, [Cf Pr 1,8; Tb 4,3-4 ] si nutre dell'affetto naturale nato dal vincolo che li unisce. Questo rispetto è richiesto dal comando divino [Cf Es 20,12 ].

 

 2215 Il rispetto per i genitori (pietà filiale) è fatto di riconoscenza verso coloro che, con il dono della vita, il loro amore e il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro figli e hanno loro permesso di crescere in età, in sapienza e in grazia. “Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare i dolori di tua madre. Ricorda che essi ti hanno generato; che darai loro in cambio di quanto ti hanno dato?” ( Sir 7,27-28 ).

 

 2216 Il rispetto filiale si manifesta anche attraverso la vera docilità e la vera obbedienza: “Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non disprezzare l'insegnamento di tua madre. . . Quando cammini ti guideranno; quando riposi, veglieranno su di te; quando ti desti, ti parleranno” ( Pr 6,20-22 ). “Il figlio saggio ama la disciplina, lo spavaldo non ascolta il rimprovero” ( Pr 13,1 ).

 

 2217 Per tutto il tempo in cui vive nella casa dei suoi genitori, il figlio deve obbedire ad ogni loro richiesta motivata dal suo proprio bene o da quello della famiglia. “Figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore” ( Col 3,20 ) [Cf Ef 6,1 ]. I figli devono anche obbedire agli ordini ragionevoli dei loro educatori e di tutti coloro ai quali i genitori li hanno affidati. Ma se in coscienza sono persuasi che è moralmente riprovevole obbedire a un dato ordine, non vi obbediscano.

 Crescendo, i figli continueranno a rispettare i loro genitori. Preverranno i loro desideri, chiederanno spesso i loro consigli, accetteranno i loro giustificati ammonimenti. Con l'emancipazione cessa l'obbedienza dei figli verso i genitori, ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto. Questo trova, in realtà, la sua radice nel timore di Dio, uno dei doni dello Spirito Santo.

 

 2218 Il quarto comandamento ricorda ai figli divenuti adulti le loro responsabilità verso i genitori. Nella misura in cui possono, devono dare loro l'aiuto materiale e morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di indigenza. Gesù richiama questo dovere di riconoscenza [Cf Mc 7,10-12 ].

 

 Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla prole. Chi onora il padre espia i peccati, chi riverisce la madre è come chi accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli, sarà esaudito nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce suo padre vivrà a lungo; chi obbedisce al Signore dà consolazione alla madre ( Sir 3,2-6 ).

 Figlio, soccorri tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del vigore. . . Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la madre è maledetto dal Signore ( Sir 3,12-13; Sir 3,16 ).

 

 2219 Il rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare; concerne anche le relazioni tra fratelli e sorelle. Il rispetto verso i genitori si riflette su tutto l'ambiente familiare. “Corona dei vecchi sono i figli dei figli” ( Pr 17,6 ). “Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza” sopportatevi “a vicenda con amore” ( Ef 4,2 ).

 

 2220 I cristiani devono una speciale gratitudine a coloro dai quali hanno ricevuto il dono della fede, la grazia del Battesimo e la vita nella Chiesa. Può trattarsi dei genitori, di altri membri della famiglia, dei nonni, di pastori, di catechisti, di altri maestri o amici. “Mi ricordo della tua fede schietta, fede che fu prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunice, e ora, ne sono certo, anche in te” ( 2Tm 1,5 ).

   

Doveri dei genitori

 

 2221 La fecondità dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione dei figli, ma deve estendersi alla loro educazione morale e alla loro formazione spirituale. La funzione educativa dei genitori “è tanto importante che, se manca, può a stento essere supplita” [Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 3]. Il diritto e il dovere dell'educazione sono, per i genitori, primari e inalienabili [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 36].

 

 2222 I genitori devono considerare i loro figli come figli di Dio e rispettarli come persone umane. Educano i loro figli ad osservare la legge di Dio mostrandosi essi stessi obbedienti alla volontà del Padre dei cieli.

 

 2223 I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli. Testimoniano tale responsabilità innanzitutto con la creazione di una famiglia, in cui la tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il servizio disinteressato rappresentano la norma. Il focolare domestico è un luogo particolarmente adatto per educare alle virtù. Questa educazione richiede che si impari l'abnegazione, un retto modo di giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà. I genitori insegneranno ai figli a subordinare “le dimensioni materiali e istintive a quelle interiori e spirituali” [Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 36]. I genitori hanno anche la grave responsabilità di dare ai loro figli buoni esempi. Riconoscendo con franchezza davanti ai figli le proprie mancanze, saranno meglio in grado di guidarli e di correggerli:

 

 Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta... Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio ( Sir 30,1-2 ).

 E voi, padri, non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina del Signore ( Ef 6,4 ).

 

 2224 Il focolare domestico costituisce l'ambito naturale per l'iniziazione dell'essere umano alla solidarietà e alle responsabilità comunitarie. I genitori insegneranno ai figli a guardarsi dai compromessi e dagli sbandamenti che minacciano le società umane.

 

 2225 Dalla grazia del sacramento del Matrimonio, i genitori hanno ricevuto la responsabilità e il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li inizieranno, fin dai primi anni di vita, ai misteri della fede dei quali essi, per i figli, sono “i primi annunziatori” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Li faranno partecipare alla vita della Chiesa fin dalla più tenera età. I modi di vivere in famiglia possono sviluppare le disposizioni affettive che, per l'intera esistenza, costituiscono autentiche condizioni preliminari e sostegni di una fede viva.

   

 2226 L' educazione alla fede da parte dei genitori deve incominciare fin dalla più tenera età dei figli. Essa si realizza già allorché i membri della famiglia si aiutano a crescere nella fede attraverso la testimonianza di una vita cristiana vissuta in conformità al Vangelo. La catechesi familiare precede, accompagna e arricchisce le altre forme d'insegnamento della fede. I genitori hanno la missione di insegnare ai figli a pregare e a scoprire la loro vocazione di figli di Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. La parrocchia è la comunità eucaristica e il cuore della vita liturgica delle famiglie cristiane; è un luogo privilegiato della catechesi dei figli e dei genitori.

 

 2227 I figli, a loro volta, contribuiscono alla crescita dei propri genitori nella santità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Tutti e ciascuno, con generosità e senza mai stancarsi, si concederanno vicendevolmente il perdono che le offese, i litigi, le ingiustizie e le infedeltà esigono. L'affetto reciproco lo suggerisce. La carità di Cristo lo richiede [Cf Mt 18,21-22; Lc 17,4 ].

 

 2228 Durante l'infanzia, il rispetto e l'affetto dei genitori si esprimono innanzitutto nella cura e nell'attenzione prodigate nell'allevare i propri figli, e nel provvedere ai loro bisogni materiali e spirituali. Durante la loro crescita, il medesimo rispetto e la medesima dedizione portano i genitori ad educare i figli al retto uso della ragione e della libertà.

 

 2229 Primi responsabili dell'educazione dei figli, i genitori hanno il diritto di scegliere per loro una scuola rispondente alle proprie convinzioni. E', questo, un diritto fondamentale. I genitori, nei limiti del possibile, hanno il dovere di scegliere le scuole che li possano aiutare nel migliore dei modi nel loro compito di educatori cristiani [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum educationis, 6]. I pubblici poteri hanno il dovere di garantire tale diritto dei genitori e di assicurare le condizioni concrete per poterlo esercitare.

 

 2230 Diventando adulti, i figli hanno il dovere e il diritto di scegliere la propria professione e il proprio stato di vita. Assumeranno queste nuove responsabilità in un rapporto confidente con i loro genitori, ai quali chiederanno e dai quali riceveranno volentieri avvertimenti e consigli. I genitori avranno cura di non costringere i figli né quanto alla scelta della professione, né quanto a quella del coniuge. Questo dovere di discrezione non impedisce loro, tutt'altro, di aiutarli con sapienti consigli, particolarmente quando progettano di fondare una famiglia.

   

 2231 Alcuni non si sposano, al fine di prendersi cura dei propri genitori, o dei propri fratelli e sorelle, di dedicarsi più esclusivamente ad una professione o per altri validi motivi. Costoro possono grandemente contribuire al bene della famiglia umana.

 

 

IV. La famiglia e il Regno

 

 2232 I vincoli familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a seguirla. E' necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di seguire Gesù : [Cf Mt 16,25 ] “Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me” ( Mt 10,37 ).

 

 2233 Diventare discepolo di Gesù significa accettare l'invito ad appartenere alla famiglia di Dio, a condurre una vita conforme al suo modo di vivere: “Chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre” ( Mt 12,49 ).

 I genitori accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie la chiamata rivolta dal Signore a uno dei figli a seguirlo nella verginità per il Regno, nella vita consacrata o nel ministero sacerdotale.

 

 

V. Le autorità nella società civile

 

 2234 Il quarto comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro che, per il nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società. Mette in luce tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli di chi ne beneficia.

 

 

Doveri delle autorità civili

 

 2235 Coloro che sono rivestiti d'autorità, la devono esercitare come un servizio. “Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo” ( Mt 20,26 ). L'esercizio di un'autorità è moralmente delimitato dalla sua origine divina, dalla sua natura ragionevole e dal suo oggetto specifico. Nessuno può comandare o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge naturale.

   

 2236 L'esercizio dell'autorità mira a rendere evidente una giusta gerarchia dei valori al fine di facilitare l'esercizio della libertà e della responsabilità di tutti. I superiori attuino con saggezza la giustizia distributiva, tenendo conto dei bisogni e della collaborazione di ciascuno, e in vista della concordia e della pace. Abbiano cura che le norme e le disposizioni che danno non inducano in tentazione opponendo l'interesse personale a quello della comunità [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 25].

 

 2237 I poteri politici sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali della persona umana. Cercheranno di attuare con umanità la giustizia, nel rispetto del diritto di ciascuno, soprattutto delle famiglie e dei diseredati.

 I diritti politici connessi con la cittadinanza possono e devono essere concessi secondo le esigenze del bene comune. Non possono essere sospesi dai pubblici poteri senza un motivo legittimo e proporzionato. L'esercizio dei diritti politici è finalizzato al bene comune della nazione e della comunità umana.

   

Doveri dei cittadini

 

 2238 Coloro che sono sottomessi all'autorità considereranno i loro superiori come rappresentanti di Dio, che li ha costituiti ministri dei suoi doni: [Cf Rm 13,1-2 ] “State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore. . . Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo per coprire la malizia, ma come servitori di Dio” ( 1Pt 2,13; 1Pt 2,16 ). La leale collaborazione dei cittadini comporta il diritto, talvolta il dovere, di fare le giuste rimostranze su ciò che a loro sembra nuocere alla dignità delle persone e al bene della comunità.

   

 2239 E' dovere dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà. L'amore e il servizio della patria derivano dal dovere di riconoscenza e dall'ordine della carità. La sottomissione alle autorità legittime e il servizio del bene comune esigono dai cittadini che essi compiano la loro funzione nella vita della comunità politica.

 

 2240 La sottomissione all'autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano l'esigenza morale del versamento delle imposte, dell'esercizio del diritto di voto, della difesa del paese:

 

 Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto, il rispetto ( Rm 13,7 ).

 

 I cristiani... abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica come cittadini, ma da tutto sono staccati come stranieri... Obbediscono alle leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi... Così eccelso è il posto loro assegnato da Dio, e non è lecito disertarlo! [Lettera a Diogneto, 5, 5. 10; 6, 10]

 

 L'Apostolo ci esorta ad elevare preghiere ed azioni di grazie “per i re e per tutti tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità” ( 1Tm 2,2 ).

 

 2241 Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono.

 Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri.

 

 2242 Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto d'obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. “Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” ( Mt 22,21 ). “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” ( At 5,29 ).

   

 Dove i cittadini sono oppressi da una autorità pubblica che va al di là delle sue competenze, essi non ricusino quelle cose che sono oggettivamente richieste dal bene comune; sia però loro lecito difendere i diritti propri e dei propri concittadini contro gli abusi di questa autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla legge naturale ed evangelica [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 74].

   

 2243 La resistenza all'oppressione del potere politico non ricorrerà legittimamente alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le seguenti condizioni: 1. in caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali; 2. dopo che si siano tentate tutte le altre vie; 3. senza che si provochino disordini peggiori; 4. qualora vi sia una fondata speranza di successo; 5. se è impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori.

   

La comunità politica e la Chiesa

 

 2244 Ogni istituzione si ispira, anche implicitamente, ad una visione dell'uomo e del suo destino, da cui deriva i propri criteri di giudizio, la propria gerarchia dei valori, la propria linea di condotta. Nella maggior parte delle società le istituzioni fanno riferimento ad una certa preminenza dell'uomo sulle cose. Solo la Religione divinamente rivelata ha chiaramente riconosciuto in Dio, Creatore e Redentore, l'origine e il destino dell'uomo. La Chiesa invita i poteri politici a riferire i loro giudizi e le loro decisioni a tale ispirazione della Verità su Dio e sull'uomo:

 

 Le società che ignorano questa ispirazione o la rifiutano in nome della loro indipendenza in rapporto a Dio, sono spinte a cercare in se stesse oppure a mutuare da una ideologia i loro riferimenti e il loro fine e, non tollerando che sia affermato un criterio oggettivo del bene e del male, si arrogano sull'uomo e sul suo destino un potere assoluto, dichiarato o non apertamente ammesso, come dimostra la storia [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 45; 46].

 

 2245 La Chiesa, che a motivo della sua missione e della sua competenza, non si confonde in alcun modo con la comunità politica, è ad un tempo il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana. “La Chiesa. . . rispetta e promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 76].

   

 2246 E' proprio della missione della Chiesa “dare il suo giudizio morale anche su cose che riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali della persona e dalla salvezza delle anime. E questo farà, utilizzando tutti e solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la diversità dei tempi e delle situazioni” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 76].

   

In sintesi

 

 2247 “Onora tuo padre e tua madre” ( Dt 5,16; 2247 Mc 7,10 ).

 

 2248 Secondo il quarto comandamento, Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori e coloro che egli, per il nostro bene, ha rivestito d'autorità.

 

 2249 La comunità coniugale è stabilita sull'alleanza e sul consenso degli sposi. Il matrimonio e la famiglia sono ordinati al bene dei coniugi, alla procreazione e all'educazione dei figli.

 

 2250 “La salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47].

 

 2251 I figli devono ai loro genitori rispetto, riconoscenza, giusta obbedienza e aiuto. Il rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare.

 

 2252 I genitori sono i primi responsabili dell'educazione dei propri figli alla fede, alla preghiera e a tutte le virtù. Hanno il dovere di provvedere, nella misura del possibile, ai bisogni materiali e spirituali dei propri figli.

 

 2253 I genitori devono rispettare e favorire l'educazione dei propri figli. Ricorderanno a se stessi ed insegneranno ai figli che la prima vocazione del cristiano è seguire Gesù.

 

 2254 La pubblica autorità è tenuta a rispettare i diritti fondamentali della persona umana e le condizioni per l'esercizio della sua libertà.

 

 2255 E' dovere dei cittadini collaborare con i poteri civili all'edificazione della società in uno spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà.

 

 2256 Il cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità civili quando tali precetti si oppongono alle esigenze dell'ordine morale. “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” ( At 5,29 ).

 

 2257 Ogni società ispira i propri giudizi e la propria condotta ad una visione dell'uomo e del suo destino. Al di fuori della luce del Vangelo su Dio e sull'uomo, è facile che le società diventino totalitarie.

   

 

 Articolo 5

 IL QUINTO COMANDAMENTO

 

 Non uccidere ( Es 20,13 ).

 Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio ( Mt 5,21-22 ).

   

 2258 “La vita umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l'azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 5, AAS 80 (1988), 70-102].

   

I. Il rispetto della vita umana

 

La testimonianza della Storia Sacra

 

 2259 La Scrittura, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino, [Cf Gen 4,8-12 ] rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza nell'uomo della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato originale. L'uomo è diventato il nemico del suo simile. Dio dichiara la scelleratezza di questo fratricidio: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello” ( Gen 4,10-11 ).

 

 2260 L'alleanza di Dio e dell'umanità è intessuta di richiami al dono divino della vita umana e alla violenza omicida dell'uomo:

 

 Del sangue vostro, ossia della vostra vita, io domando conto. . . Chi sparge il sangue dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio egli ha fatto l'uomo ( Gen 9,5-6 ).

 L'Antico Testamento ha sempre ritenuto il sangue come un segno sacro della vita [Cf Lv 17,14 ]. Questo insegnamento è necessario in ogni tempo.

 

 2261 La Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: “Non far morire l'innocente e il giusto” ( Es 23,7 ). L'uccisione volontaria di un innocente è gravemente contraria alla dignità dell'essere umano, alla “regola d'oro” e alla santità del Creatore. La legge che vieta questo omicidio ha una validità universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e dappertutto.

 

 2262 Nel Discorso della montagna il Signore richiama il precetto: “Non uccidere” ( Mt 5,21 ); vi aggiunge la proibizione dell'ira, dell'odio, della vendetta. Ancora di più: Cristo chiede al suo discepolo di porgere l'altra guancia, [Cf Mt 5,22-39 ] di amare i propri nemici [Cf Mt 5,44 ]. Egli stesso non si è difeso e ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero [Cf Mt 26,52 ].

 

 

La legittima difesa

 

 2263 La legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un'eccezione alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio volontario. “Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei quali è la conservazione della propria vita; mentre l'altro è l'uccisione dell'attentatore. . . Il primo soltanto è intenzionale, l'altro è involontario” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 64, 7].

 

 

 2264 L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. E' quindi legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al suo aggressore un colpo mortale:

 

 Se uno nel difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita. . . E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 64, 7].

 

 2265 La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.

 

 2266 Corrisponde ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha il diritto ed il dovere ha il diritto ed il dovere di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole.

 

 2267 L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani.

Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sno più cnformi alla dignità della persona umana.

Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti” [Evangelium vitae, n. 56].

 

 

 

L'omicidio volontario

 

 2268 Il quinto comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l' omicidio diretto e volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano all'uccisione commettono un peccato che grida vendetta al cielo [Cf Gen 4,10 ].

 L'infanticidio, [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51] il fratricidio, il parricidio e l'uccisione del coniuge sono crimini particolarmente gravi a motivo dei vincoli naturali che infrangono. Preoccupazioni eugenetiche o di igiene pubblica non possono giustificare nessuna uccisione, fosse anche comandata dai pubblici poteri.

 

 2269 Il quinto comandamento proibisce qualsiasi azione fatta con l'intenzione di provocare indirettamente la morte di una persona. La legge morale vieta tanto di esporre qualcuno ad un rischio mortale senza grave motivo, quanto di rifiutare l'assistenza ad una persona in pericolo.

 Tollerare, da parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla morte senza che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa ingiustizia e una colpa grave. Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che provocano la fame e la morte dei loro fratelli in umanità, commettono indirettamente un omicidio, che è loro imputabile [Cf Am 8,4-10 ].

 

 L'omicidio involontario non è moralmente imputabile. Ma non si è scagionati da una colpa grave qualora, senza motivi proporzionati, si è agito in modo tale da causare la morte, anche senza l'intenzione di provocarla.

 

 

L'aborto

 

 2270 La vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni essere innocente alla vita [Cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, I, 1].

 

 Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato ( Ger 1,5 ) [Cf Gb 10,8-12; Sal 22,10-11 ].

 Non ti erano nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle profondità della terra ( Sal 139,15 ).

 

 2271 Fin dal primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato. Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale:

 

 Non uccidere il bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita [Didaché, 2, 2; cf Lettera di Barnaba, 19, 5; Lettera a Diogneto, 5, 5; Tertulliano, Apologeticus, 9]. Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto come l'infanticidio sono abominevoli delitti [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].

 

 2272 La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. “Chi procura l'aborto, ottenendo l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae” [Codice di Diritto Canonico, 1398] “per il fatto stesso d'aver commesso il delitto” [Codice di Diritto Canonico, 1398] e alle condizioni previste dal Diritto [Cf ibid., 1323-1324]. La Chiesa non intende in tal modo restringere il campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e a tutta la società.

 

 

 2273 Il diritto inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento costitutivo della società civile e della sua legislazione:

 “I diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine. Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare. . . il diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento alla morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

 “Nel momento in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. . . Come conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

 

 2274 L'embrione, poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile, come ogni altro essere umano.

 La diagnosi prenatale è moralmente lecita, se “rispetta la vita e l'integrità dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua guarigione individuale. . . Ma essa è gravemente in contrasto con la legge morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di provocare un aborto: una diagnosi. . . non deve equivalere a una sentenza di morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

 

 2275 “Si devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

 “E' immorale produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale biologico" disponibile” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

 “Alcuni tentativi d' intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità” unica, irrepetibile [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].

 

 

L'eutanasia

 

 2276 Coloro la cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre un'esistenza per quanto possibile normale.

 

 2277 Qualunque ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente inaccettabile.

 Così un'azione oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore. L'errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere.

 

 2278 L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all'“accanimento terapeutico”. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti, da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole volontà e gli interessi legittimi del paziente.

 

 2279 Anche se la morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere incoraggiate.

 

 

Il suicidio

 

 2280 Ciascuno è responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel'ha donata. E' lui che ne rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo gli amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne disponiamo.

 

 2281 Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all'amore del Dio vivente.

 

 2282 Se è commesso con l'intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione volontaria al suicidio è contraria alla legge morale.

 Gravi disturbi psichici, l'angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della tortura possono attenuare la responsabilità del suicida.

 

 2283 Non si deve disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio, attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare l'occasione di un salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita.

 

 

II. Il rispetto della dignità delle persone

 

Il rispetto dell'anima altrui: lo scandalo

 

 2284 Lo scandalo è l'atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla rettitudine; può trascinare il proprio fratello nella morte spirituale. Lo scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione induce deliberatamente altri in una grave mancanza.

 

 2285 Lo scandalo assume una gravità particolare a motivo dell'autorità di coloro che lo causano o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha ispirato a nostro Signore questa maledizione: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli. . ., sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare”( Mt 18,6 ) [Cf 1Cor 8,10-13 ]. Lo scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore [Cf Mt 7,15 ].

 

 2286 Lo scandalo può essere provocato dalla legge o dalle istituzioni, dalla moda o dall'opinione pubblica.

 

 Così, si rendono colpevoli di scandalo coloro che promuovono leggi o strutture sociali che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione della vita religiosa, o a “condizioni sociali che, volontariamente o no, rendono difficile e praticamente impossibile un comportamento cristiano conforme ai comandamenti” [Pio XII, discorso del 1 giugno 1941]. Analogamente avviene per i capi di imprese i quali danno regolamenti che inducono alla frode, per i maestri che “esasperano” i loro allievi o per coloro che, manipolando l'opinione pubblica, la sviano dai valori morali.

 

 2287 Chi usa i poteri di cui dispone in modo tale da spingere ad agire male, si rende colpevole di scandalo e responsabile del male che, direttamente o indirettamente, ha favorito. “E' inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono” ( Lc 17,1 ).

 

 

Il rispetto della salute

 

 2288 La vita e la salute fisica sono beni preziosi donati da Dio. Dobbiamo averne ragionevolmente cura, tenendo conto delle necessità altrui e del bene comune.

La cura della salute dei cittadini richiede l'apporto della società perché si abbiano le condizioni d'esistenza che permettano di crescere e di raggiungere la maturità: cibo e indumenti, abitazione, assistenza sanitaria, insegnamento di base, lavoro, previdenza sociale.

 

 

 2289 Se la morale richiama al rispetto della vita corporea, non ne fa tuttavia un valore assoluto. Essa si oppone ad una concezione neo-pagana, che tende a promuovere il culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il successo sportivo. A motivo della scelta selettiva che tale concezione opera tra i forti e i deboli, essa può portare alla perversione dei rapporti umani.

 

 

 2290 La virtù della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l'abuso dei cibi, dell'alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che, in stato di ubriachezza o per uno smodato gusto della velocità, mettono in pericolo l'incolumità altrui e la propria sulle strade, in mare, o in volo, si rendono gravemente colpevoli.

 

 2291 L' uso della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana. Esclusi i casi di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce una colpa grave. La produzione clandestina di droghe e il loro traffico sono pratiche scandalose; costituiscono una cooperazione diretta, dal momento che spingono a pratiche gravemente contrarie alla legge morale.

 

 

Il rispetto della persona e la ricerca scientifica

 

 2292 Le sperimentazioni scientifiche, mediche o psicologiche, sulle persone o sui gruppi umani, possono concorrere alla guarigione dei malati e al progresso della salute pubblica.

 

 

 2293 La ricerca scentifica di base come la ricerca applicata costituiscono una espressione significativa della signoria dell'uomo sulla creazione. La scienza e la tecnica sono preziose risorse quando vengono messe al servizio dell'uomo e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti; non possono tuttavia, da sole, indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano. La scienza e la tecnica sono ordinate all'uomo, dal quale traggono origine e sviluppo; esse, quindi, trovano nella persona e nei suoi valori morali l'indicazione del loro fine e la coscienza dei loro limiti.

 

 2294 E' illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni. D'altra parte, i criteri orientativi non possono essere dedotti né dalla semplice efficacia tecnica, né dall'utilità che può derivarne per gli uni a scapito degli altri, né, peggio ancora, dalle ideologie dominanti. La scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso significato intrinseco, l'incondizionato rispetto dei criteri fonda mentali della moralità; devono essere al servizio della persona umana, dei suoi inalienabili diritti, del suo bene vero e integrale, in conformità al progetto e alla volontà di Dio.

 

 2295 Le ricerche o sperimentazioni sull'essere umano non possono legittimare atti in se stessi contrari alla dignità delle persone e alla legge morale. L'eventuale consenso dei soggetti non giustifica simili atti. La sperimentazione sull'essere umano non è moralmente legittima se fa correre rischi sproporzionati o evitabili per la vita o l'integrità fisica e psichica dei soggetti. La sperimentazione sugli esseri umani non è conforme alla dignità della persona se, oltre tutto, viene fatta senza il consenso esplicito del soggetto o dei suoi aventi diritto.

 

 2296 Il trapianto di organi è conforme alla legge morale se i danni e i rischi fisici e psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati al bene che si cerca per il destinatario. La donazione di organi dopo la morte è un atto nobile e meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà. Non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi hanno dato il loro esplicito assenso. E' inoltre moralmente inammissibile provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano, sia pure per ritardare il decesso di altre persone.

 

 

Il rispetto dell'integrità corporea

 

 2297 I rapimenti e la presa di ostaggi fanno regnare il terrore e, con la minaccia, esercitano intollerabili pressioni sulle vittime. Essi sono moralmente illeciti. Il terrorismo minaccia, ferisce e uccide senza discriminazione; esso è gravemente contrario alla giustizia e alla carità. La tortura, che si serve della violenza fisica o morale per strappare confessioni, per punire i colpevoli, per spaventare gli oppositori, per soddisfare l'odio, è contrario al rispetto della persona e della dignità umana. Al di fuori di prescrizioni mediche di carattere strettamente terapeutico, le amputazioni, mutilazioni o sterilizzazioni direttamente volontarie praticate a persone innocenti sono contrarie alla legge morale [Cf Pio XI, Lett. enc. Casti connubii: Denz.-Schönm., 3722].

 

 2298 Nei tempi passati, da parte delle autorità legittime si è fatto comunemente ricorso a pratiche crudeli per salvaguardare la legge e l'ordine, spesso senza protesta dei pastori della Chiesa, i quali nei loro propri tribunali hanno essi stessi adottato le prescrizioni del diritto romano sulla tortura. Accanto a tali fatti deplorevoli, però, la Chiesa ha sempre insegnato il dovere della clemenza e della misericordia; ha vietato al clero di versare il sangue. Nei tempi recenti è diventato evidente che tali pratiche crudeli non erano né necessarie per l'ordine pubblico, né conformi ai legittimi diritti della persona umana. Al contrario, esse portano alle peggiori degradazioni. Ci si deve adoperare per la loro abolizione. Bisogna pregare per le vittime e per i loro carnefici.

 

 

Il rispetto dei morti

 

 2299 Ai moribondi saranno prestate attenzioni e cure per aiutarli a vivere i loro ultimi momenti con dignità e pace. Saranno sostenuti dalla preghiera dei loro congiunti. Costoro si faranno premura affinché i malati ricevano in tempo opportuno i sacramenti che preparano all'incontro con il Dio vivente.

 

 

 2300 I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità nella fede e nella speranza della risurrezione. La sepoltura dei morti è un'opera di misericordia corporale; [Cf Tb 1,16-18 ] rende onore ai figli di Dio, tempi dello Spirito Santo.

 

 2301 L'autopsia dei cadaveri può essere moralmente ammessa per motivi di inchiesta legale o di ricerca scientifica. Il dono gratuito di organi dopo la morte è legittimo e può essere meritorio.

 La Chiesa permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi [Cf Codice di Diritto Canonico, 1176, 3].

 

 

III. La difesa della pace

 

La pace

 

 2302 Richiamando il comandamento: “Non uccidere” ( Mt 5,21 ), nostro Signore chiede la pace del cuore e denuncia l'immoralità dell'ira omicida e dell'odio.

 L' ira è un desiderio di vendetta. “Desiderare la vendetta per il male di chi va punito è illecito”; ma è lodevole imporre una riparazione “al fine di correggere i vizi e di conservare il bene della giustizia” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 158, 1, ad 3]. Se l'ira si spinge fino al proposito di uccidere il prossimo o di ferirlo in modo brutale, si oppone gravemente alla carità; è un peccato mortale. Il Signore dice: “Chiunque si adira contro il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio”( Mt 5,22 ).

 

 

 2303 L' odio volontario è contrario alla carità. L'odio del prossimo è un peccato quando l'uomo vuole deliberatamente per lui del male. L'odio del prossimo è un peccato grave quando deliberatamente si desidera per lui un grave danno. “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste. . . ” ( Mt 5,44-45 ).

 

 

 2304 Il rispetto e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace. La pace non è la semplice assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l'equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l'assidua pratica della fratellanza. E' la “tranquillità dell'ordine” [Sant'Agostino, De civitate Dei, 19, 13]. E' frutto della giustizia [Cf Is 32,17 ] ed effetto della carità [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78].

 

 2305 La pace terrena è immagine e frutto della pace di Cristo, il “Principe della pace” messianica ( Is 9,5 ). Con il sangue della sua croce, egli ha distrutto “in se stesso l'inimicizia” ( Ef 2,16 ), [Cf Col 1,20-22 ] ha riconciliato gli uomini con Dio e ha fatto della sua Chiesa il sacramento dell'unità del genere umano e della sua unione con Dio. “Egli è la nostra pace” ( Ef 2,14 ). Proclama “beati gli operatori di pace” ( Mt 5,9 ).

 

 2306 Coloro che, per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, rinunciano all'azione violenta e cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei più deboli, rendono testimonianza alla carità evangelica, purché ciò si faccia senza pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle società. Essi legittimamente attestano la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla violenza, che causa rovine e morti [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78].

 

 

Evitare la guerra

 

 2307 Il quinto comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza esorta tutti a pregare e ad operare perché la Bontà divina ci liberi dall'antica schiavitù della guerra [Cf ibid., 81].

 

 2308 Tutti i cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre.

 “Fintantoché esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una legittima difesa” [Cf ibid., 81].

 

 2309 Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:

 - Che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo.

 - Che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci.

 - Che ci siano fondate condizioni di successo.

 - Che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.

 Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”.

 La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune.

 

 2310 I pubblici poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli obblighi necessari alla difesa nazionale.

Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della nazione e al mantenimento della pace [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 79].

 

 2311 I pubblici poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza, ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra forma di servizio alla comunità umana [Cf ibid].

 

 2312 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. “Né per il fatto che una guerra è. .. disgraziatamente scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto” [Cf ibid].

 

 2313 Si devono rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i prigionieri.

 Le azioni manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono dei crimini. Non basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Così lo sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere condannato come un peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far resistenza agli ordini che comandano un genocidio.

 

 2314 “Ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 80]. Un rischio della guerra moderna è di offrire l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in particolare atomiche, biologiche o chimiche.

 

 2315 L' accumulo delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le popolazioni indigenti; [Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 53] ostacola lo sviluppo dei popoli. L' armarsi ad oltranza moltiplica le cause dei conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.

 

 

 2316 La produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle nazioni e della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno pertanto il diritto e il dovere di regolamentarli. La ricerca di interessi privati o collettivi a breve termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale.

 

 

 2317 Le ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale, l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre. Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la pace e ad evitare la guerra:

 

 Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il peccato, essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina: “Con le loro spade costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà più le armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per la guerra” ( Is 2,4 ) [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 78].

 

 

In sintesi

 

 2318 Dio “ha in mano l'anima di ogni vivente e il soffio di ogni carne umana” ( Gb 12,10 ).

 

 2319 Ogni vita umana, dal momento del concepimento fino alla morte, è sacra, perché la persona umana è stata voluta per se stessa ad immagine e somiglianza del Dio vivente e santo.

 

 2320 L'uccisione di un essere umano è gravemente contraria alla dignità della persona e alla santità del Creatore.

 

 2321 La proibizione dell'omicidio non abroga il diritto di togliere, ad un ingiusto aggressore, la possibilità di nuocere. La legittima difesa è un dovere grave per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune.

 

 2322 Fin dal concepimento il bambino ha diritto alla vita. L'aborto diretto, cioè voluto come un fine o come un mezzo, è una pratica “vergognosa” , [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 27] gravemente contraria alla legge morale. La Chiesa condanna con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana.

 

 2323 Dal momento che deve essere trattato come una persona fin dal concepimento, l'embrione deve essere difeso nella sua integrità, curato e guarito come ogni altro essere umano.

 

 2324 L'eutanasia volontaria, qualunque ne siano le forme e i motivi, costituisce un omicidio. E' gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore.

 

 2325 Il suicidio è gravemente contrario alla giustizia, alla speranza e alla carità. E' proibito dal quinto comandamento.

 

 2326 Lo scandalo costituisce una colpa grave quando chi lo provoca con azione o con omissione deliberatamente spinge altri a peccare gravemente.

 

 2327 Si deve fare tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la guerra, dati i mali e le ingiustizie di cui è causa. La Chiesa prega: “Dalla fame, dalla peste e dalla guerra liberaci, Signore”.

 

 2328 La Chiesa e la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i conflitti armati. Le pratiche contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali, deliberatamente messe in atto, sono dei crimini.

 

 2329 “La corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e danneggia in modo intollerabile i poveri” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 81].

 

 2330 “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” ( Mt 5,9 ).

 

   

 Articolo 6

 IL SESTO COMANDAMENTO

 

 Non commettere adulterio ( Es 20,14; Dt 5,18 ).

 Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore ( Mt 5,27-28 ).

 

 

I. “Maschio e femmina li creò...”

 

 2331 “Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione e di amore. Creandola a sua immagine. . . Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11].

 “Dio creò l'uomo a sua immagine. . . maschio e femmina li creò” ( Gen 1,27 ); “siate fecondi e moltiplicatevi” ( Gen 1,28 ); “quando Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini quando furono creati” ( Gen 5,1-2 ).

 

 2332 La sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente l'affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più generale, l'attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri.

 

 2333 Spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale. La differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare. L'armonia della coppia e della società dipende in parte dal modo in cui si vivono tra i sessi la complementarità, il bisogno vicendevole e il reciproco aiuto.

 

 2334 “Creando l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità personale in egual modo all'uomo e alla donna” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 22; cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 49]. “L'uomo è una persona, in eguale misura l'uomo e la donna: ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio personale” [Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 6].

 

 2335 Ciascuno dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo differente, è immagine della potenza e della tenerezza di Dio. L' unione dell'uomo e della donna nel matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità del Creatore: “L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno una sola carne” ( Gen 2,24 ). Da tale unione derivano tutte le generazioni umane [Cf Gen 4,1-2; Gen 4,25-26; 2335 Gen 5,1 ].

 

 

 2336 Gesù è venuto a restaurare la creazione nella purezza delle sue origini. Nel Discorso della montagna dà una interpretazione rigorosa del progetto di Dio: “Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” ( Mt 5,27-28 ). L'uomo non deve separare quello che Dio ha congiunto [Cf Mt 19,6 ].

 La Tradizione della Chiesa ha considerato il sesto comandamento come inglobante l'insieme della sessualità umana.

 

 

II. La vocazione alla castità

 

 2337 La castità esprime la positiva integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corporeo e spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l'appartenenza dell'uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell'uomo e della donna.

 La virtù della castità, quindi, comporta l'integrità della persona e l'integralità del dono.

 

 

L'integrità della persona

 

 2338 La persona casta conserva l'integrità delle forze di vita e di amore che sono in lei. Tale integrità assicura l'unità della persona e si oppone a ogni comportamento che la ferirebbe. Non tollera né doppiezza di vita, né doppiezza di linguaggio [Cf Mt 5,37 ].

 

 2339 La castità richiede l' acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà umana. L'alternativa è evidente: o l'uomo comanda alle sue passioni e consegue la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice [Cf Sir 1,22 ]. “La dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco impulso o per mera coazione esterna. Ma tale dignità l'uomo la ottiene quando, liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta libera del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi convenienti” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 17].

 

 2340 Colui che vuole restar fedele alle promesse del suo Battesimo e resistere alle tentazioni, avrà cura di valersi dei mezzi corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica di un'ascesi adatta alle situazioni in cui viene a trovarsi, l'obbedienza ai divini comandamenti, l'esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla preghiera. “La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a quell'unità, che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice” [Sant'Agostino, Confessiones, 10, 29, 40].

 

 2341 La virtù della castità è strettamente dipendente dalla virtù cardinale della temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le passioni e gli appetiti della sensibilità umana.

 

 2342 Il dominio di sé è un' opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita [Cf Tt 2,1-6 ]. Lo sforzo richiesto può essere maggiore in certi periodi, quelli, per esempio, in cui si forma la personalità, l'infanzia e l'adolescenza.

 

 2343 La castità conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate dall'imperfezione e assai spesso dal peccato. L'uomo virtuoso e casto “si costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 34].

 

 

 2344 La castità rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo culturale, poiché “il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della stessa società” sono “tra loro interdipendenti” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 25]. La castità suppone il rispetto dei diritti della persona, in particolare quello di ricevere un'informazione ed un'educazione che rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana.

 

 

 2345 La castità è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una grazia, un frutto dello Spirito [Cf Gal 5,22 ]. Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo [Cf 1Gv 3,3 ] a colui che è stato rigenerato dall'acqua del Battesimo.

 

 

L'integralità del dono di sé

 

 2346 La carità è la forma di tutte le virtù. Sotto il suo influsso, la castità appare come una scuola del dono della persona. La padronanza di sé è ordinata al dono di sé. La castità rende colui che la pratica un testimone, presso il prossimo, della fedeltà e della tenerezza di Dio.

 

 

 2347 La virtù della castità si dispiega nell' amicizia. Indica al discepolo come seguire ed imitare colui che ci ha scelti come suoi amici, [Cf Gv 15,15 ] si è totalmente donato a noi e ci rende partecipi della sua condizione divina. La castità è promessa di immortalità.

 La castità si esprime particolarmente nell' amicizia per il prossimo. Coltivata tra persone del medesimo sesso o di sesso diverso, l'amicizia costituisce un gran bene per tutti. Conduce alla comunione spirituale.

 

 

Le diverse forme della castità

 

 2348 Ogni battezzato è chiamato alla castità. Il cristiano si è “rivestito di Cristo” ( Gal 3,27 ), modello di ogni castità. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare stato di vita. Al momento del Battesimo il cristiano si è impegnato a vivere la sua affettività nella castità.

 

 

 2349 “La castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di vita: le une nella verginità o nel celibato consacrato, un modo eminente di dedicarsi più facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le altre, nella maniera quale è determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o celibi” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 11, AAS 68 (1976), 77-96]. Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza:

 

 Ci sono tre forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella della vedovanza, infine quella della verginità. Non lodiamo l'una escludendo le altre. Sotto questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca [Sant'Ambrogio, De viduis, 23: PL 153, 225A].

 

 

 2350 I fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza. Messi così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla fedeltà e alla speranza di riceversi l'un l'altro da Dio. Riserveranno al tempo del matrimonio le manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore coniugale. Si aiuteranno vicendevolmente a crescere nella castità.

 

 

Le offese alla castità

 

 2351 La lussuria è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al di fuori delle finalità di procreazione e di unione.

 

 2352 Per masturbazione si deve intendere l'eccitazione volontaria degli organi genitali, al fine di trarne un piacere venereo. “Sia il magistero della Chiesa - nella linea di una tradizione costante - sia il senso morale dei fedeli hanno affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e gravemente disordinato”. “Qualunque ne sia il motivo, l'uso deliberato della facoltà sessuale al di fuori dei rapporti coniugali normali contraddice essenzialmente la sua finalità”. Il godimento sessuale vi è ricercato al di fuori della “relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che realizza, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 9].

 Al fine di formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e per orientare l'azione pastorale, si terrà conto dell'immaturità affettiva, della forza delle abitudini contratte, dello stato d'angoscia o degli altri fattori psichici o sociali che possono attenuare se non addirittura ridurre al minimo la colpevolezza morale.

 

 2353 La fornicazione è l'unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all'educazione dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani.

 

 

 2354 La pornografia consiste nel sottrarre all'intimità dei partner gli atti sessuali, reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la castità perché snatura l'atto coniugale, dono intimo degli sposi l'uno all'altro. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano( attori, commercianti, pubblico), poiché l'uno diventa per l'altro l'oggetto di un piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri nell'illusione di un mondo irreale. E' una colpa grave. Le autorità civili devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici.

 

 2355 La prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente contro se stesso: viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo, tempio dello Spirito Santo [Cf 1Cor 6,15-20 ]. La prostituzione costituisce una piaga sociale. Normalmente colpisce donne, ma anche uomini, bambini o adolescenti (in questi due ultimi casi il peccato è, al tempo stesso, anche uno scandalo). Il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso, tuttavia l'imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal ricatto e dalla pressione sociale.

 

 2356 Lo stupro indica l'entrata per effrazione, con violenza, nell'intimità sessuale di una persona. Esso viola la giustizia e la carità. Lo stupro lede profondamente il diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà, all'integrità fisica e morale. Arreca un grave danno, che può segnare la vittima per tutta la vita. E' sempre un atto intrinsecamente cattivo. Ancora più grave è lo stupro commesso da parte di parenti stretti (incesto) o di educatori ai danni degli allievi che sono loro affidati.

 

 

Castità e omosessualità

 

 2357 L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, [Cf Gen 19,1-29; Rm 1,24-27; 2357 1Cor 6,10; 1Tm 1,10 ] la Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.

 

 2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.

 

 2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.

 

 

III. L'amore degli sposi

 

 2360 La sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna. Nel matrimonio l'intimità corporale degli sposi diventa un segno e un pegno della comunione spirituale. Tra i battezzati, i legami del matrimonio sono santificati dal sacramento.

 

 2361 “La sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla morte”: [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11]

 

 

 Tobia si alzò dal letto e disse a Sara: “Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore che ci dia grazia e salvezza”. Essa si alzò e si misero a pregare e a chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: “Benedetto sei tu, Dio dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di avere misericordia di me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia”. E dissero insieme: “Amen, amen!”. Poi dormirono per tutta la notte ( Tb 8,4-9 ).

 

 2362 “Gli atti coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorevoli e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi significano, ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi stessi” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 49]. La sessualità è sorgente di gioia e di piacere:

 

 Il Creatore stesso. . . ha stabilito che nella reciproca donazione fisica totale gli sposi provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo sia dello spirito. Quindi, gli sposi non commettono nessun male cercando tale piacere e godendone. Accettano ciò che il Creatore ha voluto per loro. Tuttavia gli sposi devono saper restare nei limiti di una giusta moderazione [Pio XII, discorso del 29 ottobre 1951].

 

 2363 Mediante l'unione degli sposi si realizza il duplice fine del matrimonio: il bene degli stessi sposi e la trasmissione della vita. Non si possono disgiungere questi due significati o valori del matrimonio, senza alterare la vita spirituale della coppia e compromettere i beni del matrimonio e l'avvenire della famiglia.

 L'amore coniugale dell'uomo e della donna è così posto sotto la duplice esigenza della fedeltà e della fecondità.

 

 

La fedeltà coniugale

 

 2364 La coppia coniugale forma una “intima comunità di vita e di amore. . . fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie”. “E' stabilita dal patto coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Gli sposi si donano definitivamente e totalmente l'uno all'altro. Non sono più due, ma ormai formano una carne sola. L'alleanza stipulata liberamente dai coniugi impone loro l'obbligo di conservarne l'unità e l'indissolubilità [Cf Codice di Diritto Canonico, 1056]. “L'uomo non separi ciò che Dio ha congiunto” ( Mc 10,9 ) [Cf Mt 19,1-12; 2364 1Cor 7,10-11 ].

 

 2365 La fedeltà esprime la costanza nel mantenere la parola data. Dio è fedele. Il sacramento del Matrimonio fa entrare l'uomo e la donna nella fedeltà di Cristo alla sua Chiesa. Mediante la castità coniugale, essi rendono testimonianza a questo mistero di fronte al mondo.

 

 San Giovanni Crisostomo suggerisce ai giovani sposi di fare questo discorso alla loro sposa: “Ti ho presa tra le mie braccia, ti amo, ti preferisco alla mia stessa vita. Infatti l'esistenza presente è un soffio, e il mio desiderio più vivo è di trascorrerla con te in modo tale da avere la certezza che non saremo separati in quella futura. .. Metto l'amore per te al di sopra di tutto e nulla sarebbe per me più penoso che il non essere sempre in sintonia con te” [San Giovanni Crisostomo, Homiliae in ad Ephesios, 20, 8: PG 62, 146-147].

 

 

La fecondità del matrimonio

 

 2366 La fecondità è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore coniugale tende per sua natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi dall'esterno al reciproco amore degli sposi; sboccia al cuore stesso del loro mutuo dono, di cui è frutto e compimento. Perciò la Chiesa, che “sta dalla parte della vita”, [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 30] “insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto per sè alla trasmissione della vita” [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 11]. “Tale dottrina, più volte esposta dal magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo” [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 11].

 

 

 2367 Chiamati a donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità di Dio [Cf Ef 3,14; Mt 23,9 ]. “Nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla, che deve essere considerato come la loro propria missione, i coniugi sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e come suoi interpreti. E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50].

 

 2368 Un aspetto particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione della procreazione. Per validi motivi gli sposi possono voler distanziare le nascite dei loro figli. Devono però verificare che il loro desiderio non sia frutto di egoismo, ma sia conforme alla giusta generosità di una paternità responsabile. Inoltre regoleranno il loro comportamento secondo i criteri oggettivi della moralità:

 

 Quando si tratta di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].

 

 2369 “Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità” [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 12].

 

 2370 La continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi [Cf ibid., 16] sono conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l'educazione ad una libertà autentica. Al contrario, è intrinsecamente cattiva “ogni azione che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione” [Cf ibid., 16].

 

 Al linguaggio nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione impone un linguaggio oggettivamente contradditorio, quello cioè del non donarsi all'altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all'apertura alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. [Tale differenza antropologica e morale tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi periodici] coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 32].

 

 2371 “Sia chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in questo mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini ” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].

 

 2372 Lo Stato è responsabile del benessere dei cittadini. E' legittimo che, a questo titolo, prenda iniziative al fine di orientare l'incremento della popolazione. Può farlo con un'informazione obiettiva e rispettosa, mai però con imposizioni autoritarie e cogenti. Non può legittimamente sostituirsi all'iniziativa degli sposi, primi responsabili della procreazione e dell'educazione dei propri figli [Cf Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 23; Id. , Lett. enc. Populorum progressio, 37]. In questo campo non è autorizzato a intervenire contrari alla legge morale.

 

 

Il dono del figlio

 

 2373 La Sacra Scrittura e la pratica tradizionale della Chiesa vedono nelle famiglie numerose un segno della benedizione divina e della generosità dei genitori [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50].

 

 

 2374 Grande è la sofferenza delle coppie che si scoprono sterili. “Che mi darai? - chiede Abramo a Dio - Io me ne vado senza figli. . . ” ( Gen 15,2 ). “Dammi dei figli, se no io muoio!” grida Rachele al marito Giacobbe ( Gen 30,1 ).

 

 

 2375 Le ricerche finalizzate a ridurre la sterilità umana sono da incoraggiare, a condizione che si pongano “al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale, secondo il progetto e la volontà di Dio” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].

 

 2376 Le tecniche che provocano una dissociazione dei genitori, per l'intervento di una persona estranea alla coppia (dono di sperma o di ovocita, prestito dell'utero) sono gravemente disoneste. Tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali eterologhe) ledono il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre conosciuti da lui e tra loro legati dal matrimonio. Tradiscono “il diritto esclusivo [ degli sposi] a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso l'altro” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].

 

 2377 Praticate in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente inaccettabili. Dissociano l'atto sessuale dall'atto procreatore. L'atto che fonda l'esistenza del figli non è più un atto con il quale due persone si donano l'una all'altra, bensì un atto che “affida la vita e l'identità dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione di dominio è in sé contraria alla dignità e alla uguaglianza che dev'essere comune a genitori e figli” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2]. “La procreazione è privata dal punto di vista morale della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell'atto coniugale, e cioè del gesto specifico della unione degli sposi. . . ; soltanto il rispetto del legame che esiste tra i significati dell'atto coniugale, e il rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione conforme alla dignità della persona” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].

 

 2378 Il figlio non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il “dono più grande del matrimonio” è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso “diritto al figlio”. In questo campo, soltanto il figlio ha veri diritti: quello “di essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori e anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo concepimento” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II, 8].

 

 2379 Il Vangelo mostra che la sterilità fisica non è un male assoluto. Gli sposi che, dopo aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina, soffrono di sterilità, si uniranno alla croce del Signore, sorgente di ogni fecondità spirituale. Essi possono mostrare la loro generosità adottando bambini abbandonati oppure compiendo servizi significativi a favore del prossimo.

 

 

IV. Le offese alla dignità del matrimonio

 

 2380 L' adulterio. Questa parola designa l'infedeltà coniugale. Quando due partner, di cui almeno uno è sposato, intrecciano tra loro una relazione sessuale, anche episodica, commettono un adulterio. Cristo condanna l'adulterio anche se consumato con il seplice desiderio [Cf Mt 5,27-28 ]. Il sesto comandamento e il il Nuovo Testamento proibiscono l'adulterio in modo assoluto [Cf Mt 5,32; Mt 19,6; Mc 10,11; 1Cor 6,9-10 ]. I profeti ne denunciano la gravità. Nell'adulterio essi vedono simboleggiato il peccato di idolatria [Cf Os 2,7; Ger 5,7; Ger 13,27 ].

 

 2381 L'adulterio è un'ingiustizia. Chi lo commette vien meno agli impegni assunti. Ferisce quel segno dell'Alleanza che è il vincolo matrimoniale, lede il diritto dell'altro coniuge e attenta all'istituto del matrimonio, violando il contratto che lo fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali hanno bisogno dell'unione stabile dei genitori.

 

 

Il divorzio

 

 2382 Il Signore Gesù ha insistito sull'intenzione originaria del Creatore, che voleva un matrimonio indissolubile [Cf Mt 5,31-32; Mt 19,3-9; Mc 10,9; 2382 Lc 16,18; 1Cor 7,10-11 ]. Abolisce le tolleranze che erano state a poco a poco introdotte nella Legge antica [Cf Mt 19,7-9 ].

 Tra i battezzati “il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte” [Codice di Diritto Canonico, 1141].

 

 

 2383 La separazione degli sposi con la permanenza del vincolo matrimoniale può essere legittima in certi casi contemplati dal Diritto canonico [Cf Codice di Diritto Canonico, 1151-1155].

 Se il divorzio civile rimane l'unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi, quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza che costituisca una colpa morale.

 

 

 2384 Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l'uno con l'altro fino alla morte. Il divorzio offende l'Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente:

 

 Se il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un'altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un'altra [San Basilio di Cesarea, Moralia, regola 73: PG 31, 849D-853B].

 

 2385 Il carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto contagioso, che lo rende una vera piaga sociale.

 

 2386 Può avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato dalla legge civile; questi allora non contravviene alla norma morale. C'è infatti una differenza notevole tra il coniuge che si è sinceramente sforzato di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio e si vede ingiustamente abbandonato, e colui che, per sua grave colpa, distrugge un matrimonio canonicamente valido [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 84].

 

 

Altre offese alla dignità del matrimonio

 

 2387 Si comprende il dramma di chi, desideroso di convertirsi al Vangelo, si vede obbligato a ripudiare una o più donne con cui ha condiviso anni di vita coniugale. Tuttavia la poligamia è in contrasto con la legge morale. Contraddice radicalmente la comunione coniugale; essa “infatti, nega in modo diretto il disegno di Dio quale ci viene rivelato alle origini, perché è contraria alla pari dignità personale dell'uomo e della donna, che nel matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 19; cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47]. Il cristiano che prima era poligamo, per giustizia, ha il grave dovere di rispettare gli obblighi contratti nei confronti di quelle donne che erano sue mogli e dei suoi figli.

 

 

 2388 L' incesto consiste in relazioni intime tra parenti o affini, a un grado che impedisce tra loro il matrimonio [Cf Lv 18,7-20 ]. San Paolo stigmatizza questa colpa particolarmente grave: “Si sente da per tutto parlare d'immoralità tra voi. . . al punto che uno convive con la moglie di suo padre!. . . Nel nome del Signore nostro Gesù. . . questo individuo sia dato in balia di Satana per la rovina della sua carne. . . ”( 1Cor 5,1; 1Cor 5,4-5 ). L'incesto corrompe le relazioni familiari e segna un regresso verso l'animalità.

 

 2389 Si possono collegare all'incesto gli abusi sessuali commessi da adulti su fanciulli o adolescenti affidati alla loro custodia. In tal caso la colpa è, al tempo stesso, uno scandaloso attentato all'integrità fisica e morale dei giovanetti, i quali ne resteranno segnati per tutta la loro vita, ed è altresì una violazione della responsabilità educativa.

 

 2390 Si ha una libera unione quando l'uomo e la donna rifiutano di dare una forma giuridica e pubblica a un legame che implica l'intimità sessuale.

 L'espressione è fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di fiducia nell'altro, in se stesso o nell'avvenire?

 L'espressione abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale, incapacità a legarsi con impegni a lungo termine [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 81]. Tutte queste situazioni costituiscono un'offesa alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea stessa della famiglia; indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l'atto sessuale deve aver posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla Comunione sacramentale.

 

 2391 Parecchi attualmente reclamano una specie di “ diritto alla prova ” quando c'è intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del proposito di coloro che si impegnano in rapporti sessuali prematuri, tali rapporti “non consentono di assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale di un uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai capricci” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 7]. L'unione carnale è moralmente legittima solo quando tra l'uomo e la donna si sia instaurata una comunità di vita definitiva. L'amore umano non ammette la “prova”. Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].

 

 

In sintesi

 

 2392 “L'amore è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano” [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].

 

 2393 Creando l'essere umano uomo e donna, Dio dona all'uno e all'altra, in modo uguale, la dignità personale. Spetta a ciascuno, uomo e donna, riconoscere e accettare la propria identità sessuale.

 

 2394 Cristo è il modello della castità. Ogni battezzato è chiamato a condurre una vita casta, ciascuno secondo lo stato di vita che gli è proprio.

 

 2395 La castità significa l'integrazione della sessualità nella persona. Richiede che si acquisisca la padronanza della persona.

 

 2396 Tra i peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la masturbazione, la fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali.

 

 2397 L'alleanza liberamente contratta dagli sposi implica un amore fedele. Essa impone loro l'obbligo di conservare l'indissolubilità del loro matrimonio.

 

 2398 La fecondità è un bene, un dono, un fine del matrimonio. Donando la vita, gli sposi partecipano della paternità di Dio.

 

 2399 La regolazione delle nascite rappresenta uno degli aspetti della paternità e della maternità responsabili. La legittimità delle intenzioni degli sposi non giustifica il ricorso a mezzi moralmente inaccettabili (per es. la sterilizzazione diretta o la contraccezione).

 

 2400 L'adulterio e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi offese alla dignità del matrimonio.

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