IL CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA
Parte TERZA - sezione seconda
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PARTE TERZA - LA VITA IN CRISTO
SEZIONE SECONDA - I
DIECI COMANDAMENTI
CAPITOLO SECONDO - “AMERAI IL PROSSIMO TUO COME TE
STESSO”
2196 Rispondendo alla domanda rivoltagli sul primo dei
comandamenti, Gesù disse: “Il primo è: "Ascolta, Israele. Il Signore
Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". E il secondo è
questo: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". Non c'è altro
comandamento più importante di questo” (Mc 12,29-31).
L'Apostolo san
Paolo lo richiama: “Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge. Infatti, il
precetto: "non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non
desiderare" e qualsiasi altro comandamento, si riassumono in queste parole:
"Amerai il prossimo tuo come te stesso". L'amore non fa nessun male al
prossimo: pieno compimento della legge è l'amore” ( Rm 13,8-10 ).
IL QUARTO
COMANDAMENTO
Onora tuo padre
e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il
Signore, tuo Dio ( Es 20,12 ).
Stava loro
sottomesso ( Lc 2,51 ).
Lo stesso
Signore Gesù ha ricordato l'importanza di questo “comandamento di Dio” ( Mc
7,8-13 ). L'Apostolo insegna: “Figli, obbedite ai vostri genitori nel Signore,
perché questo è giusto. "Onora tuo padre e tua madre": è questo il
primo comandamento associato a una promessa: "perché tu sia felice e goda
di una vita lunga sopra la terra"” ( Ef 6,1-3 ) [Cf Dt 5,16 ].
2197 Il quarto
comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l'ordine della carità.
Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la
vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e
rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua
autorità.
2198 Questo
comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da compiere. Annunzia
i comandamenti successivi, concernenti un rispetto particolare della vita, del
matrimonio, dei beni terreni, della parola. Costituisce uno dei fondamenti della
dottrina sociale della Chiesa.
2199 Il quarto
comandamento si rivolge espressamente ai figli in ordine alle loro relazioni con
il padre e con la madre, essendo questa relazione la più universale. Concerne
parimenti i rapporti di parentela con i membri del gruppo familiare. Chiede di
tributare onore, affetto e riconoscenza ai nonni e agli antenati. Si estende
infine ai doveri degli alunni nei confronti degli insegnanti, dei dipendenti nei
confronti dei datori di lavoro, dei subordinati nei confronti dei loro
superiori, dei cittadini verso la loro patria, verso i pubblici amministratori e
i governanti.
Questo
comandamento implica e sottintende i doveri dei genitori, tutori, docenti, capi,
magistrati, governanti, di tutti coloro che esercitano un'autorità su altri o
su una comunità di persone.
2200
L'osservanza del quarto comandamento comporta una ricompensa: “Onora tuo padre
e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il
Signore, tuo Dio” ( Es 20,12 ) [Cf Dt 5,16 ]. Il rispetto di questo
comandamento procura, insieme con i frutti spirituali, frutti temporali di pace
e di prosperità. Al contrario, la trasgressione di questo comandamento arreca
gravi danni alle comunità e alle persone umane.
I. La famiglia nel piano di Dio
Natura della famiglia
2201 La comunità
coniugale è fondata sul consenso degli sposi. Il matrimonio e la famiglia sono
ordinati al bene degli sposi e alla procreazione ed educazione dei figli.
L'amore degli sposi e la generazione dei figli stabiliscono tra i membri di una
medesima famiglia relazioni personali e responsabilità primarie.
2202 Un uomo e
una donna uniti in matrimonio formano insieme con i loro figli una famiglia.
Questa istituzione precede qualsiasi riconoscimento da parte della pubblica
autorità; si impone da sé. La si considererà come il normale riferimento, in
funzione del quale devono essere valutate le diverse forme di parentela.
2203 Creando
l'uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e l'ha dotata della sua
costituzione fondamentale. I suoi membri sono persone uguali in dignità. Per il
bene comune dei suoi membri e della società, la famiglia comporta una diversità
di responsabilità, di diritti e di doveri.
La famiglia cristiana
2204 “La
famiglia cristiana offre una rivelazione e una realizzazione specifica della
comunione ecclesiale; anche per questo motivo, può e deve essere chiamata
"chiesa domestica" ” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 21; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Essa
è una comunità di fede, di speranza e di carità; nella Chiesa riveste una
singolare importanza come è evidente nel Nuovo Testamento [Cf Ef 5,21-6,4; Col
3,18-21; 1Pt 3,1-7 ].
2205 La famiglia
cristiana è una comunione di persone, segno e immagine della comunione del
Padre e del Figlio nello Spirito Santo. La sua attività procreatrice ed
educativa è il riflesso dell'opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata
a condividere la preghiera e il sacrificio di Cristo. La preghiera quotidiana e
la lettura della Parola di Dio corroborano in essa la carità. La famiglia
cristiana è evangelizzatrice e missionaria.
2206 Le
relazioni in seno alla famiglia comportano un'affinità di sentimenti, di
affetti e di interessi, che nasce soprattutto dal reciproco rispetto delle
persone. La famiglia è una comunità privilegiata chiamata a realizzare
“un'amorevole apertura di animo tra i coniugi e... una continua collaborazione
tra i genitori nell'educazione dei figli” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 52].
II. La famiglia e la società
2207 La famiglia
è la cellula originaria della vita sociale. E' la società naturale in cui
l'uomo e la donna sono chiamati al dono di sé nell'amore e nel dono della vita.
L'autorità, la stabilità e la vita di relazione in seno alla famiglia
costituiscono i fondamenti della libertà, della sicurezza, della fraternità
nell'ambito della società. La famiglia è la comunità nella quale, fin
dall'infanzia, si possono apprendere i valori morali, si può incominciare ad
onorare Dio e a far buon uso della libertà. La vita di famiglia è
un'iniziazione alla vita nella società.
2208 La famiglia
deve vivere in modo che i suoi membri si aprano all'attenzione e all'impegno in
favore dei giovani e degli anziani, delle persone malate o handicappate e dei
poveri. Numerose sono le famiglie che, in certi momenti, non hanno la possibilità
di dare tale aiuto. Tocca allora ad altre persone, ad altre famiglie e,
sussidiariamente, alla società provvedere ai bisogni di costoro: “Una
religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre è questa: soccorrere
gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e conservarsi puri da questo
mondo” ( Gc 1,27 ).
2209 La famiglia
deve essere aiutata e difesa con appropriate misure sociali. Là dove le
famiglie non sono in grado di adempiere alle loro funzioni, gli altri corpi
sociali hanno il dovere di aiutarle e di sostenere l'istituto familiare. In base
al principio di sussidiarietà, le comunità più grandi si guarderanno
dall'usurpare le sue prerogative o di ingerirsi nella sua vita.
2210
L'importanza della famiglia per la vita e il benessere della società, [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47] comporta per la società stessa una
particolare responsabilità nel sostenere e consolidare il matrimonio e la
famiglia. Il potere civile consideri “come un sacro dovere rispettare,
proteggere e favorire la loro vera natura, la moralità pubblica e la prosperità
domestica” [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47].
2211 La comunità
politica ha il dovere di onorare la famiglia, di assisterla, e di assicurarle in
particolare:
- la libertà di
costituirsi, di procreare figli e di educarli secondo le proprie con vinzioni
morali e religiose;
- la tutela
della stabilità del vincolo coniugale e dell'istituto familiare;
- la libertà di
professare la propria fede, di trasmetterla, di educare in essa i figli,
avvalendosi dei mezzi e delle istituzioni necessarie;
- il diritto
alla proprietà privata, la libertà di intraprendere un'attività, di
procurarsi un lavoro e una casa, il diritto di emigrare;
- in conformità
alle istituzioni dei paesi, il diritto alle cure mediche, all'assi stenza per le
persone anziane, agli assegni familiari;
- la difesa
della sicurezza e della salute, particolarmente in ordine a pericoli come la
droga, la pornografia, l'alcolismo, ecc.;
- la libertà di
formare associazioni con altre famiglie e di essere in tal modo rappresentate
presso le autorità civili [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 46].
2212 Il quarto
comandamento illumina le altre relazioni nella società. Nei nostri fratelli e
nelle nostre sorelle, vediamo i figli dei nostri genitori; nei nostri cugini, i
discendenti dei nostri avi; nei nostri concittadini, i figli della nostra
patria; nei battezzati, i figli della Chiesa, nostra madre; in ogni persona
umana, un figlio o una figlia di colui che vuole essere chiamato “Padre
nostro”. Conseguentemente, le nostre relazioni con il prossimo sono di
carattere personale. Il prossimo non è un “individuo” della collettività
umana; è “qualcuno” che, per le sue origini conosciute, merita
un'attenzione e un rispetto singolari.
2213 Le comunità
umane sono composte di persone. Il loro buon governo non si limita alla garanzia
dei diritti e all'osservanza dei doveri, come pure al rispetto dei contratti.
Giuste relazioni tra imprenditori e dipendenti, governanti e cittadini
presuppongono la naturale benevolenza conforme alla dignità delle persone
umane, cui stanno a cuore la giustizia e la fraternità.
III. Doveri dei membri della famiglia
Doveri dei figli
2214 La paternità
divina è la sorgente della paternità umana; [Cf Ef 3,14 ] è la paternità
divina che fonda l'onore dovuto ai genitori. Il rispetto dei figli, minorenni o
adulti, per il proprio padre e la propria madre, [Cf Pr 1,8; Tb 4,3-4 ] si nutre
dell'affetto naturale nato dal vincolo che li unisce. Questo rispetto è
richiesto dal comando divino [Cf Es 20,12 ].
2215 Il rispetto
per i genitori (pietà filiale) è fatto di riconoscenza verso coloro che, con
il dono della vita, il loro amore e il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro
figli e hanno loro permesso di crescere in età, in sapienza e in grazia.
“Onora tuo padre con tutto il cuore e non dimenticare i dolori di tua madre.
Ricorda che essi ti hanno generato; che darai loro in cambio di quanto ti hanno
dato?” ( Sir 7,27-28 ).
2216 Il rispetto
filiale si manifesta anche attraverso la vera docilità e la vera obbedienza:
“Figlio mio, osserva il comando di tuo padre, non disprezzare l'insegnamento
di tua madre. . . Quando cammini ti guideranno; quando riposi, veglieranno su di
te; quando ti desti, ti parleranno” ( Pr 6,20-22 ). “Il figlio saggio ama la
disciplina, lo spavaldo non ascolta il rimprovero” ( Pr 13,1 ).
2217 Per tutto
il tempo in cui vive nella casa dei suoi genitori, il figlio deve obbedire ad
ogni loro richiesta motivata dal suo proprio bene o da quello della famiglia.
“Figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore” ( Col
3,20 ) [Cf Ef 6,1 ]. I figli devono anche obbedire agli ordini ragionevoli dei
loro educatori e di tutti coloro ai quali i genitori li hanno affidati. Ma se in
coscienza sono persuasi che è moralmente riprovevole obbedire a un dato ordine,
non vi obbediscano.
Crescendo, i
figli continueranno a rispettare i loro genitori. Preverranno i loro desideri,
chiederanno spesso i loro consigli, accetteranno i loro giustificati
ammonimenti. Con l'emancipazione cessa l'obbedienza dei figli verso i genitori,
ma non il rispetto che ad essi è sempre dovuto. Questo trova, in realtà, la
sua radice nel timore di Dio, uno dei doni dello Spirito Santo.
2218 Il quarto
comandamento ricorda ai figli divenuti adulti le loro responsabilità verso i
genitori. Nella misura in cui possono, devono dare loro l'aiuto materiale e
morale, negli anni della vecchiaia e in tempo di malattia, di solitudine o di
indigenza. Gesù richiama questo dovere di riconoscenza [Cf Mc 7,10-12 ].
Il Signore vuole
che il padre sia onorato dai figli, ha stabilito il diritto della madre sulla
prole. Chi onora il padre espia i peccati, chi riverisce la madre è come chi
accumula tesori. Chi onora il padre avrà gioia dai propri figli, sarà esaudito
nel giorno della sua preghiera. Chi riverisce suo padre vivrà a lungo; chi
obbedisce al Signore dà consolazione alla madre ( Sir 3,2-6 ).
Figlio, soccorri
tuo padre nella vecchiaia, non contristarlo durante la sua vita. Anche se
perdesse il senno, compatiscilo e non disprezzarlo mentre sei nel pieno del
vigore. . . Chi abbandona il padre è come un bestemmiatore, chi insulta la
madre è maledetto dal Signore ( Sir 3,12-13; Sir 3,16 ).
2219 Il rispetto
filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare; concerne anche le
relazioni tra fratelli e sorelle. Il rispetto verso i genitori si riflette su
tutto l'ambiente familiare. “Corona dei vecchi sono i figli dei figli” ( Pr
17,6 ). “Con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza” sopportatevi “a
vicenda con amore” ( Ef 4,2 ).
2220 I cristiani
devono una speciale gratitudine a coloro dai quali hanno ricevuto il dono della
fede, la grazia del Battesimo e la vita nella Chiesa. Può trattarsi dei
genitori, di altri membri della famiglia, dei nonni, di pastori, di catechisti,
di altri maestri o amici. “Mi ricordo della tua fede schietta, fede che fu
prima nella tua nonna Lòide, poi in tua madre Eunice, e ora, ne sono certo,
anche in te” ( 2Tm 1,5 ).
Doveri dei genitori
2221 La fecondità
dell'amore coniugale non si riduce alla sola procreazione dei figli, ma deve
estendersi alla loro educazione morale e alla loro formazione spirituale. La
funzione educativa dei genitori “è tanto importante che, se manca, può a
stento essere supplita” [Conc. Ecum. Vat. II, Gravissimum
educationis, 3]. Il
diritto e il dovere dell'educazione sono, per i genitori, primari e inalienabili
[Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 36].
2222 I genitori
devono considerare i loro figli come figli di Dio e rispettarli come persone
umane. Educano i loro figli ad osservare la legge di Dio mostrandosi essi stessi
obbedienti alla volontà del Padre dei cieli.
2223 I genitori
sono i primi responsabili dell'educazione dei loro figli. Testimoniano tale
responsabilità innanzitutto con la creazione di una famiglia, in cui la
tenerezza, il perdono, il rispetto, la fedeltà e il servizio disinteressato
rappresentano la norma. Il focolare domestico è un luogo particolarmente adatto
per educare alle virtù. Questa educazione richiede che si impari l'abnegazione,
un retto modo di giudicare, la padronanza di sé, condizioni di ogni vera libertà.
I genitori insegneranno ai figli a subordinare “le dimensioni materiali e
istintive a quelle interiori e spirituali” [Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Centesimus annus, 36]. I genitori hanno anche la grave responsabilità di dare
ai loro figli buoni esempi. Riconoscendo con franchezza davanti ai figli le
proprie mancanze, saranno meglio in grado di guidarli e di correggerli:
Chi ama il
proprio figlio usa spesso la frusta... Chi corregge il proprio figlio ne trarrà
vantaggio ( Sir 30,1-2 ).
E voi, padri,
non inasprite i vostri figli, ma allevateli nell'educazione e nella disciplina
del Signore ( Ef 6,4 ).
2224 Il focolare
domestico costituisce l'ambito naturale per l'iniziazione dell'essere umano alla
solidarietà e alle responsabilità comunitarie. I genitori insegneranno ai
figli a guardarsi dai compromessi e dagli sbandamenti che minacciano le società
umane.
2225 Dalla
grazia del sacramento del Matrimonio, i genitori hanno ricevuto la responsabilità
e il privilegio di evangelizzare i loro figli. Li inizieranno, fin dai primi
anni di vita, ai misteri della fede dei quali essi, per i figli, sono “i primi
annunziatori” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. Li
faranno partecipare alla vita della Chiesa fin dalla più tenera età. I modi di
vivere in famiglia possono sviluppare le disposizioni affettive che, per
l'intera esistenza, costituiscono autentiche condizioni preliminari e sostegni
di una fede viva.
2226 L'
educazione alla fede da parte dei genitori deve incominciare fin dalla più
tenera età dei figli. Essa si realizza già allorché i membri della famiglia
si aiutano a crescere nella fede attraverso la testimonianza di una vita
cristiana vissuta in conformità al Vangelo. La catechesi familiare precede,
accompagna e arricchisce le altre forme d'insegnamento della fede. I genitori
hanno la missione di insegnare ai figli a pregare e a scoprire la loro vocazione
di figli di Dio [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 11]. La
parrocchia è la comunità eucaristica e il cuore della vita liturgica delle
famiglie cristiane; è un luogo privilegiato della catechesi dei figli e dei
genitori.
2227 I figli, a
loro volta, contribuiscono alla crescita dei propri genitori nella santità [Cf
Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 48]. Tutti e ciascuno, con generosità e
senza mai stancarsi, si concederanno vicendevolmente il perdono che le offese, i
litigi, le ingiustizie e le infedeltà esigono. L'affetto reciproco lo
suggerisce. La carità di Cristo lo richiede [Cf Mt 18,21-22; Lc 17,4 ].
2228 Durante
l'infanzia, il rispetto e l'affetto dei genitori si esprimono innanzitutto nella
cura e nell'attenzione prodigate nell'allevare i propri figli, e nel provvedere
ai loro bisogni materiali e spirituali. Durante la loro crescita, il medesimo
rispetto e la medesima dedizione portano i genitori ad educare i figli al retto
uso della ragione e della libertà.
2229 Primi
responsabili dell'educazione dei figli, i genitori hanno il diritto di scegliere
per loro una scuola rispondente alle proprie convinzioni. E', questo, un diritto
fondamentale. I genitori, nei limiti del possibile, hanno il dovere di scegliere
le scuole che li possano aiutare nel migliore dei modi nel loro compito di
educatori cristiani [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gravissimum educationis, 6]. I pubblici poteri hanno il dovere di garantire tale diritto
dei genitori e di assicurare le condizioni concrete per poterlo esercitare.
2230 Diventando
adulti, i figli hanno il dovere e il diritto di scegliere la propria professione
e il proprio stato di vita. Assumeranno queste nuove responsabilità in un
rapporto confidente con i loro genitori, ai quali chiederanno e dai quali
riceveranno volentieri avvertimenti e consigli. I genitori avranno cura di non
costringere i figli né quanto alla scelta della professione, né quanto a
quella del coniuge. Questo dovere di discrezione non impedisce loro, tutt'altro,
di aiutarli con sapienti consigli, particolarmente quando progettano di fondare
una famiglia.
2231 Alcuni non
si sposano, al fine di prendersi cura dei propri genitori, o dei propri fratelli
e sorelle, di dedicarsi più esclusivamente ad una professione o per altri
validi motivi. Costoro possono grandemente contribuire al bene della famiglia
umana.
IV. La famiglia e il Regno
2232 I vincoli
familiari, sebbene importanti, non sono però assoluti. Quanto più il figlio
cresce verso la propria maturità e autonomia umane e spirituali, tanto più la
sua specifica vocazione, che viene da Dio, si fa chiara e forte. I genitori
rispetteranno tale chiamata e favoriranno la risposta dei propri figli a
seguirla. E' necessario convincersi che la prima vocazione del cristiano è di
seguire Gesù : [Cf Mt 16,25 ] “Chi ama il padre o la madre più di me, non è
degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me” (
Mt 10,37 ).
2233 Diventare
discepolo di Gesù significa accettare l'invito ad appartenere alla famiglia di
Dio, a condurre una vita conforme al suo modo di vivere: “Chiunque fa la
volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e
madre” ( Mt 12,49 ).
I genitori
accoglieranno e rispetteranno con gioia e rendimento di grazie la chiamata
rivolta dal Signore a uno dei figli a seguirlo nella verginità per il Regno,
nella vita consacrata o nel ministero sacerdotale.
V. Le autorità nella società civile
2234 Il quarto
comandamento di Dio ci prescrive anche di onorare tutti coloro che, per il
nostro bene, hanno ricevuto da Dio un'autorità nella società. Mette in luce
tanto i doveri di chi esercita l'autorità quanto quelli di chi ne beneficia.
Doveri delle autorità civili
2235 Coloro che
sono rivestiti d'autorità, la devono esercitare come un servizio. “Colui che
vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo” ( Mt 20,26 ).
L'esercizio di un'autorità è moralmente delimitato dalla sua origine divina,
dalla sua natura ragionevole e dal suo oggetto specifico. Nessuno può comandare
o istituire ciò che è contrario alla dignità delle persone e alla legge
naturale.
2236 L'esercizio
dell'autorità mira a rendere evidente una giusta gerarchia dei valori al fine
di facilitare l'esercizio della libertà e della responsabilità di tutti. I
superiori attuino con saggezza la giustizia distributiva, tenendo conto dei
bisogni e della collaborazione di ciascuno, e in vista della concordia e della
pace. Abbiano cura che le norme e le disposizioni che danno non inducano in
tentazione opponendo l'interesse personale a quello della comunità [Cf Giovanni
Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 25].
2237 I poteri
politici sono tenuti a rispettare i diritti fondamentali della persona umana.
Cercheranno di attuare con umanità la giustizia, nel rispetto del diritto di
ciascuno, soprattutto delle famiglie e dei diseredati.
I diritti
politici connessi con la cittadinanza possono e devono essere concessi secondo
le esigenze del bene comune. Non possono essere sospesi dai pubblici poteri
senza un motivo legittimo e proporzionato. L'esercizio dei diritti politici è
finalizzato al bene comune della nazione e della comunità umana.
Doveri dei cittadini
2238 Coloro che
sono sottomessi all'autorità considereranno i loro superiori come
rappresentanti di Dio, che li ha costituiti ministri dei suoi doni: [Cf Rm
13,1-2 ] “State sottomessi ad ogni istituzione umana per amore del Signore. .
. Comportatevi come uomini liberi, non servendovi della libertà come di un velo
per coprire la malizia, ma come servitori di Dio” ( 1Pt 2,13; 1Pt 2,16 ). La
leale collaborazione dei cittadini comporta il diritto, talvolta il dovere, di
fare le giuste rimostranze su ciò che a loro sembra nuocere alla dignità delle
persone e al bene della comunità.
2239 E' dovere
dei cittadini dare il proprio apporto ai poteri civili per il bene della società
in spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà. L'amore e il
servizio della patria derivano dal dovere di riconoscenza e dall'ordine della
carità. La sottomissione alle autorità legittime e il servizio del bene comune
esigono dai cittadini che essi compiano la loro funzione nella vita della
comunità politica.
2240 La
sottomissione all'autorità e la corresponsabilità nel bene comune comportano
l'esigenza morale del versamento delle imposte, dell'esercizio del diritto di
voto, della difesa del paese:
Rendete a
ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo il tributo; a chi le tasse le
tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto, il rispetto ( Rm 13,7 ).
I cristiani...
abitano nella propria patria, ma come pellegrini; partecipano alla vita pubblica
come cittadini, ma da tutto sono staccati come stranieri... Obbediscono alle
leggi vigenti, ma con la loro vita superano le leggi... Così eccelso è il
posto loro assegnato da Dio, e non è lecito disertarlo! [Lettera a Diogneto, 5,
5. 10; 6, 10]
L'Apostolo ci
esorta ad elevare preghiere ed azioni di grazie “per i re e per tutti tutti
quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e
tranquilla con tutta pietà e dignità” ( 1Tm 2,2 ).
2241 Le nazioni
più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero
alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli
è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno
cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la
protezione di coloro che lo accolgono.
Le autorità
politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono
subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni
giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del
paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il
patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue
leggi, a contribuire ai suoi oneri.
2242 Il
cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità
civili quando tali precetti sono contrari alle esigenze dell'ordine morale, ai
diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo. Il rifiuto
d'obbedienza alle autorità civili, quando le loro richieste contrastano con
quelle della retta coscienza, trova la sua giustificazione nella distinzione tra
il servizio di Dio e il servizio della comunità politica. “Rendete a Cesare
quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio” ( Mt 22,21 ). “Bisogna
obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” ( At 5,29 ).
Dove i cittadini
sono oppressi da una autorità pubblica che va al di là delle sue competenze,
essi non ricusino quelle cose che sono oggettivamente richieste dal bene comune;
sia però loro lecito difendere i diritti propri e dei propri concittadini
contro gli abusi di questa autorità, nel rispetto dei limiti dettati dalla
legge naturale ed evangelica [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 74].
2243 La
resistenza all'oppressione del potere politico non ricorrerà legittimamente
alle armi, salvo quando sussistano tutte insieme le seguenti condizioni: 1. in
caso di violazioni certe, gravi e prolungate dei diritti fondamentali; 2. dopo
che si siano tentate tutte le altre vie; 3. senza che si provochino disordini
peggiori; 4. qualora vi sia una fondata speranza di successo; 5. se è
impossibile intravedere ragionevolmente soluzioni migliori.
La comunità politica e la Chiesa
2244 Ogni
istituzione si ispira, anche implicitamente, ad una visione dell'uomo e del suo
destino, da cui deriva i propri criteri di giudizio, la propria gerarchia dei
valori, la propria linea di condotta. Nella maggior parte delle società le
istituzioni fanno riferimento ad una certa preminenza dell'uomo sulle cose. Solo
la Religione divinamente rivelata ha chiaramente riconosciuto in Dio, Creatore e
Redentore, l'origine e il destino dell'uomo. La Chiesa invita i poteri politici
a riferire i loro giudizi e le loro decisioni a tale ispirazione della Verità
su Dio e sull'uomo:
Le società che
ignorano questa ispirazione o la rifiutano in nome della loro indipendenza in
rapporto a Dio, sono spinte a cercare in se stesse oppure a mutuare da una
ideologia i loro riferimenti e il loro fine e, non tollerando che sia affermato
un criterio oggettivo del bene e del male, si arrogano sull'uomo e sul suo
destino un potere assoluto, dichiarato o non apertamente ammesso, come dimostra
la storia [Cf Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus, 45; 46].
2245 La Chiesa,
che a motivo della sua missione e della sua competenza, non si confonde in alcun
modo con la comunità politica, è ad un tempo il segno e la salvaguardia del
carattere trascendente della persona umana. “La Chiesa. . . rispetta e
promuove anche la libertà politica e la responsabilità dei cittadini” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 76].
2246 E' proprio
della missione della Chiesa “dare il suo giudizio morale anche su cose che
riguardano l'ordine politico, quando ciò sia richiesto dai diritti fondamentali
della persona e dalla salvezza delle anime. E questo farà, utilizzando tutti e
solo quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti, secondo la
diversità dei tempi e delle situazioni” [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 76].
2247
“Onora tuo padre e tua madre” ( Dt 5,16; 2247 Mc 7,10 ).
2248 Secondo il
quarto comandamento, Dio ha voluto che, dopo lui, onoriamo i nostri genitori e
coloro che egli, per il nostro bene, ha rivestito d'autorità.
2249 La comunità
coniugale è stabilita sull'alleanza e sul consenso degli sposi. Il matrimonio e
la famiglia sono ordinati al bene dei coniugi, alla procreazione e
all'educazione dei figli.
2250 “La
salvezza della persona e della società umana e cristiana è strettamente
connessa con una felice situazione della comunità coniugale e familiare” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 47].
2251 I figli
devono ai loro genitori rispetto, riconoscenza, giusta obbedienza e aiuto. Il
rispetto filiale favorisce l'armonia di tutta la vita familiare.
2252 I genitori
sono i primi responsabili dell'educazione dei propri figli alla fede, alla
preghiera e a tutte le virtù. Hanno il dovere di provvedere, nella misura del
possibile, ai bisogni materiali e spirituali dei propri figli.
2253 I genitori
devono rispettare e favorire l'educazione dei propri figli. Ricorderanno a se
stessi ed insegneranno ai figli che la prima vocazione del cristiano è seguire
Gesù.
2254 La pubblica
autorità è tenuta a rispettare i diritti fondamentali della persona umana e le
condizioni per l'esercizio della sua libertà.
2255 E' dovere
dei cittadini collaborare con i poteri civili all'edificazione della società in
uno spirito di verità, di giustizia, di solidarietà e di libertà.
2256 Il
cittadino è obbligato in coscienza a non seguire le prescrizioni delle autorità
civili quando tali precetti si oppongono alle esigenze dell'ordine morale.
“Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” ( At 5,29 ).
2257 Ogni società
ispira i propri giudizi e la propria condotta ad una visione dell'uomo e del suo
destino. Al di fuori della luce del Vangelo su Dio e sull'uomo, è facile che le
società diventino totalitarie.
IL QUINTO
COMANDAMENTO
Non uccidere (
Es 20,13 ).
Avete inteso che
fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a
giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà
sottoposto a giudizio ( Mt 5,21-22 ).
2258 “La vita
umana è sacra perché, fin dal suo inizio, comporta l'azione creatrice di Dio e
rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine.
Solo Dio è il Signore della vita dal suo inizio alla sua fine: nessuno, in
nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere
direttamente un essere umano innocente” [Congregazione per la Dottrina della
Fede, Istr. Donum vitae, intr. 5, AAS 80 (1988), 70-102].
I. Il rispetto della vita umana
La testimonianza della Storia Sacra
2259 La
Scrittura, nel racconto dell'uccisione di Abele da parte del fratello Caino, [Cf
Gen 4,8-12 ] rivela, fin dagli inizi della storia umana, la presenza nell'uomo
della collera e della cupidigia, conseguenze del peccato originale. L'uomo è
diventato il nemico del suo simile. Dio dichiara la scelleratezza di questo
fratricidio: “Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal
suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha
bevuto il sangue di tuo fratello” ( Gen 4,10-11 ).
2260 L'alleanza
di Dio e dell'umanità è intessuta di richiami al dono divino della vita umana
e alla violenza omicida dell'uomo:
Del sangue
vostro, ossia della vostra vita, io domando conto. . . Chi sparge il sangue
dell'uomo, dall'uomo il suo sangue sarà sparso, perché ad immagine di Dio egli
ha fatto l'uomo ( Gen 9,5-6 ).
L'Antico
Testamento ha sempre ritenuto il sangue come un segno sacro della vita [Cf Lv
17,14 ]. Questo insegnamento è necessario in ogni tempo.
2261 La
Scrittura precisa la proibizione del quinto comandamento: “Non far morire
l'innocente e il giusto” ( Es 23,7 ). L'uccisione volontaria di un innocente
è gravemente contraria alla dignità dell'essere umano, alla “regola d'oro”
e alla santità del Creatore. La legge che vieta questo omicidio ha una validità
universale: obbliga tutti e ciascuno, sempre e dappertutto.
2262 Nel
Discorso della montagna il Signore richiama il precetto: “Non uccidere” ( Mt
5,21 ); vi aggiunge la proibizione dell'ira, dell'odio, della vendetta. Ancora
di più: Cristo chiede al suo discepolo di porgere l'altra guancia, [Cf Mt
5,22-39 ] di amare i propri nemici [Cf Mt 5,44 ]. Egli stesso non si è difeso e
ha ingiunto a Pietro di rimettere la spada nel fodero [Cf Mt 26,52 ].
La legittima difesa
2263 La
legittima difesa delle persone e delle società non costituisce un'eccezione
alla proibizione di uccidere l'innocente, uccisione in cui consiste l'omicidio
volontario. “Dalla difesa personale possono seguire due effetti, il primo dei
quali è la conservazione della propria vita; mentre l'altro è l'uccisione
dell'attentatore. . . Il primo soltanto è intenzionale, l'altro è
involontario” [San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, 64, 7].
2264 L'amore
verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità. E' quindi
legittimo far rispettare il proprio diritto alla vita. Chi difende la propria
vita non si rende colpevole di omicidio anche se è costretto a infliggere al
suo aggressore un colpo mortale:
Se uno nel
difendere la propria vita usa maggior violenza del necessario, il suo atto è
illecito. Se invece reagisce con moderazione, allora la difesa è lecita. . . E
non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima
difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a
provvedere alla propria vita che alla vita altrui [San Tommaso d'Aquino, Summa
theologiae, II-II, 64, 7].
2265 La
legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per
chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si
ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i
legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per
respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro
responsabilità.
2266 Corrisponde
ad un'esigenza di tutela del bene comune lo sforzo dello Stato inteso a
contenere il diffondersi di comportamenti lesivi dei diritti dell'uomo e delle
regole fondamentali della convivenza civile. La legittima autorità pubblica ha
il diritto ed il dovere ha il diritto ed il dovere di infliggere pene
proporzionate alla gravità del delitto. La pena ha innanzi tutto lo scopo di
riparare il disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente
accettata dal colpevole, essa assume valore di espiazione. La pena poi, oltre
che a difendere l'ordine pubblico e a tutelare la sicurezza delle persone, mira
ad uno scopo medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla
correzione del colpevole.
2267
L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno
accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso
alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere
efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani.
Se invece i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere
dall'aggressore e per proteggere la sicurezza delle persone, l'autorità si
limiterà a questi mezzi, poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni
concrete del bene comune e sno più cnformi alla dignità della persona umana.
Oggi, infatti, a seguito delle possibilità di cui lo Stato
dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che
l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i
casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se
non addirittura praticamente inesistenti” [Evangelium
vitae, n. 56].
L'omicidio volontario
2268 Il quinto
comandamento proibisce come gravemente peccaminoso l' omicidio diretto e
volontario. L'omicida e coloro che volontariamente cooperano all'uccisione
commettono un peccato che grida vendetta al cielo [Cf Gen 4,10 ].
L'infanticidio,
[Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51] il fratricidio, il parricidio e
l'uccisione del coniuge sono crimini particolarmente gravi a motivo dei vincoli
naturali che infrangono. Preoccupazioni eugenetiche o di igiene pubblica non
possono giustificare nessuna uccisione, fosse anche comandata dai pubblici
poteri.
2269 Il quinto
comandamento proibisce qualsiasi azione fatta con l'intenzione di provocare
indirettamente la morte di una persona. La legge morale vieta tanto di esporre
qualcuno ad un rischio mortale senza grave motivo, quanto di rifiutare
l'assistenza ad una persona in pericolo.
Tollerare, da
parte della società umana, condizioni di miseria che portano alla morte senza
che ci si sforzi di porvi rimedio, è una scandalosa ingiustizia e una colpa
grave. Quanti nei commerci usano pratiche usuraie e mercantili che provocano la
fame e la morte dei loro fratelli in umanità, commettono indirettamente un
omicidio, che è loro imputabile [Cf Am 8,4-10 ].
L'omicidio
involontario non è moralmente imputabile. Ma non si è scagionati da una colpa
grave qualora, senza motivi proporzionati, si è agito in modo tale da causare
la morte, anche senza l'intenzione di provocarla.
L'aborto
2270 La vita
umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto fin dal momento del
concepimento. Dal primo istante della sua esistenza, l'essere umano deve vedersi
riconosciuti i diritti della persona, tra i quali il diritto inviolabile di ogni
essere innocente alla vita [Cf Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Donum vitae, I, 1].
Prima di
formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti
avevo consacrato ( Ger 1,5 ) [Cf Gb 10,8-12; Sal 22,10-11 ].
Non ti erano
nascoste le mie ossa quando venivo formato nel segreto, intessuto nelle
profondità della terra ( Sal 139,15 ).
2271 Fin dal
primo secolo la Chiesa ha dichiarato la malizia morale di ogni aborto provocato.
Questo insegnamento non è mutato. Rimane invariabile. L'aborto diretto, cioè
voluto come un fine o come un mezzo, è gravemente contrario alla legge morale:
Non uccidere il
bimbo con l'aborto, e non sopprimerlo dopo la nascita [Didaché, 2, 2; cf
Lettera di Barnaba, 19, 5; Lettera a Diogneto, 5, 5; Tertulliano, Apologeticus,
9]. Dio, padrone della vita, ha affidato agli uomini l'altissima missione di
proteggere la vita, missione che deve essere adempiuta in modo umano. Perciò la
vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura; e l'aborto
come l'infanticidio sono abominevoli delitti [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et
spes, 51].
2272 La
cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona
con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana. “Chi
procura l'aborto, ottenendo l'effetto, incorre nella scomunica latae sententiae”
[Codice di Diritto Canonico, 1398] “per il fatto stesso d'aver commesso il
delitto” [Codice di Diritto Canonico, 1398] e alle condizioni previste dal
Diritto [Cf ibid., 1323-1324]. La Chiesa non intende in tal modo restringere il
campo della misericordia. Essa mette in evidenza la gravità del crimine
commesso, il danno irreparabile causato all'innocente ucciso, ai suoi genitori e
a tutta la società.
2273 Il diritto
inalienabile alla vita di ogni individuo umano innocente rappresenta un elemento
costitutivo della società civile e della sua legislazione:
“I diritti
inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte
della società civile e dell'autorità politica; tali diritti dell'uomo non
dipendono né dai singoli individui, né dai genitori e neppure rappresentano
una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e
sono inerenti alla persona in forza dell'atto creativo da cui ha preso origine.
Tra questi diritti fondamentali bisogna, a questo proposito, ricordare. . . il
diritto alla vita e all'integrità fisica di ogni essere umano dal concepimento
alla morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“Nel momento
in cui una legge positiva priva una categoria di esseri umani della protezione
che la legislazione civile deve loro accordare, lo Stato viene a negare
l'uguaglianza di tutti davanti alla legge. Quando lo Stato non pone la sua forza
al servizio dei diritti di ciascun cittadino, e in particolare di chi è più
debole, vengono minati i fondamenti stessi di uno Stato di diritto. . . Come
conseguenza del rispetto e della protezione che vanno accordati al nascituro, a
partire dal momento del suo concepimento, la legge dovrà prevedere appropriate
sanzioni penali per ogni deliberata violazione dei suoi diritti”
[Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
2274 L'embrione,
poiché fin dal concepimento deve essere trattato come una persona, dovrà
essere difeso nella sua integrità, curato e guarito, per quanto è possibile,
come ogni altro essere umano.
La diagnosi
prenatale è moralmente lecita, se “rispetta la vita e l'integrità
dell'embrione e del feto umano ed è orientata alla sua salvaguardia o alla sua
guarigione individuale. . . Ma essa è gravemente in contrasto con la legge
morale quando contempla l'eventualità, in dipendenza dai risultati, di
provocare un aborto: una diagnosi. . . non deve equivalere a una sentenza di
morte” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
2275 “Si
devono ritenere leciti gli interventi sull'embrione umano a patto che rispettino
la vita e l'integrità dell'embrione, non comportino per lui rischi
sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle
sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale” [Congregazione
per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, III].
“E' immorale
produrre embrioni umani destinati a essere sfruttati come "materiale
biologico" disponibile” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Donum vitae, III].
“Alcuni
tentativi d' intervento sul patrimonio cromosomico o genetico non sono
terapeutici, ma mirano alla produzione di esseri umani selezionati secondo il
sesso o altre qualità prestabilite. Queste manipolazioni sono contrarie alla
dignità personale dell'essere umano, alla sua integrità e alla sua identità”
unica, irrepetibile [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum
vitae, III].
L'eutanasia
2276 Coloro la
cui vita è minorata o indebolita richiedono un rispetto particolare. Le persone
ammalate o handicappate devono essere sostenute perché possano condurre
un'esistenza per quanto possibile normale.
2277 Qualunque
ne siano i motivi e i mezzi, l'eutanasia diretta consiste nel mettere fine alla
vita di persone handicappate, ammalate o prossime alla morte. Essa è moralmente
inaccettabile.
Così un'azione
oppure un'omissione che, da sé o intenzionalmente, provoca la morte allo scopo
di porre fine al dolore, costituisce un'uccisione gravemente contraria alla
dignità della persona umana e al rispetto del Dio vivente, suo Creatore.
L'errore di giudizio nel quale si può essere incorsi in buona fede, non muta la
natura di quest'atto omicida, sempre da condannare e da escludere.
2278
L'interruzione di procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o
sproporzionate rispetto ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso
si ha la rinuncia all'“accanimento terapeutico”. Non si vuole così
procurare la morte: si accetta di non poterla impedire. Le decisioni devono
essere prese dal paziente, se ne ha la competenza e la capacità, o, altrimenti,
da coloro che ne hanno legalmente il diritto, rispettando sempre la ragionevole
volontà e gli interessi legittimi del paziente.
2279 Anche se la
morte è considerata imminente, le cure che d'ordinario sono dovute ad una
persona ammalata non possono essere legittimamente interrotte. L'uso di
analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di
abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana,
se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista
e tollerata come inevitabile. Le cure palliative costituiscono una forma
privilegiata della carità disinteressata. A questo titolo devono essere
incoraggiate.
Il suicidio
2280 Ciascuno è
responsabile della propria vita davanti a Dio che gliel'ha donata. E' lui che ne
rimane il sovrano Padrone. Noi siamo tenuti a riceverla con riconoscenza e a
preservarla per il suo onore e per la salvezza delle nostre anime. Siamo gli
amministratori, non i proprietari della vita che Dio ci ha affidato. Non ne
disponiamo.
2281 Il suicidio
contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e a
perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé.
Al tempo stesso è un'offesa all'amore del prossimo, perché spezza
ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e
umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è
contrario all'amore del Dio vivente.
2282 Se è
commesso con l'intenzione che serva da esempio, soprattutto per i giovani, il
suicidio si carica anche della gravità dello scandalo. La cooperazione
volontaria al suicidio è contraria alla legge morale.
Gravi disturbi
psichici, l'angoscia o il timore grave della prova, della sofferenza o della
tortura possono attenuare la responsabilità del suicida.
2283 Non si deve
disperare della salvezza eterna delle persone che si sono date la morte. Dio,
attraverso le vie che egli solo conosce, può loro preparare l'occasione di un
salutare pentimento. La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla
loro vita.
II. Il rispetto della dignità delle persone
Il rispetto dell'anima altrui: lo scandalo
2284 Lo scandalo
è l'atteggiamento o il comportamento che induce altri a compiere il male. Chi
scandalizza si fa tentatore del suo prossimo. Attenta alla virtù e alla
rettitudine; può trascinare il proprio fratello nella morte spirituale. Lo
scandalo costituisce una colpa grave se chi lo provoca con azione o omissione
induce deliberatamente altri in una grave mancanza.
2285 Lo scandalo
assume una gravità particolare a motivo dell'autorità di coloro che lo causano
o della debolezza di coloro che lo subiscono. Ha ispirato a nostro Signore
questa maledizione: “Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli. . .,
sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino,
e fosse gettato negli abissi del mare”( Mt 18,6 ) [Cf 1Cor 8,10-13 ]. Lo
scandalo è grave quando a provocarlo sono coloro che, per natura o per
funzione, sono tenuti ad insegnare e ad educare gli altri. Gesù lo rimprovera
agli scribi e ai farisei: li paragona a lupi rapaci in veste di pecore [Cf Mt
7,15 ].
2286 Lo scandalo
può essere provocato dalla legge o dalle istituzioni, dalla moda o
dall'opinione pubblica.
Così, si
rendono colpevoli di scandalo coloro che promuovono leggi o strutture sociali
che portano alla degradazione dei costumi e alla corruzione della vita
religiosa, o a “condizioni sociali che, volontariamente o no, rendono
difficile e praticamente impossibile un comportamento cristiano conforme ai
comandamenti” [Pio XII, discorso del 1 giugno 1941]. Analogamente avviene per
i capi di imprese i quali danno regolamenti che inducono alla frode, per i
maestri che “esasperano” i loro allievi o per coloro che, manipolando
l'opinione pubblica, la sviano dai valori morali.
2287 Chi usa i
poteri di cui dispone in modo tale da spingere ad agire male, si rende colpevole
di scandalo e responsabile del male che, direttamente o indirettamente, ha
favorito. “E' inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui
avvengono” ( Lc 17,1 ).
Il rispetto della salute
2288 La vita e
la salute fisica sono beni preziosi donati da Dio. Dobbiamo averne
ragionevolmente cura, tenendo conto delle necessità altrui e del bene comune.
La cura della salute dei cittadini richiede l'apporto della
società perché si abbiano le condizioni d'esistenza che permettano di crescere
e di raggiungere la maturità: cibo e indumenti, abitazione, assistenza
sanitaria, insegnamento di base, lavoro, previdenza sociale.
2289 Se la
morale richiama al rispetto della vita corporea, non ne fa tuttavia un valore
assoluto. Essa si oppone ad una concezione neo-pagana, che tende a promuovere il
culto del corpo, a sacrificargli tutto, a idolatrare la perfezione fisica e il
successo sportivo. A motivo della scelta selettiva che tale concezione opera tra
i forti e i deboli, essa può portare alla perversione dei rapporti umani.
2290 La virtù
della temperanza dispone ad evitare ogni sorta di eccessi, l'abuso dei cibi,
dell'alcool, del tabacco e dei medicinali. Coloro che, in stato di ubriachezza o
per uno smodato gusto della velocità, mettono in pericolo l'incolumità altrui
e la propria sulle strade, in mare, o in volo, si rendono gravemente colpevoli.
2291 L' uso
della droga causa gravissimi danni alla salute e alla vita umana. Esclusi i casi
di prescrizioni strettamente terapeutiche, costituisce una colpa grave. La
produzione clandestina di droghe e il loro traffico sono pratiche scandalose;
costituiscono una cooperazione diretta, dal momento che spingono a pratiche
gravemente contrarie alla legge morale.
Il rispetto della persona e la ricerca scientifica
2292 Le
sperimentazioni scientifiche, mediche o psicologiche, sulle persone o sui gruppi
umani, possono concorrere alla guarigione dei malati e al progresso della salute
pubblica.
2293 La ricerca
scentifica di base come la ricerca applicata costituiscono una espressione
significativa della signoria dell'uomo sulla creazione. La scienza e la tecnica
sono preziose risorse quando vengono messe al servizio dell'uomo e ne promuovono
lo sviluppo integrale a beneficio di tutti; non possono tuttavia, da sole,
indicare il senso dell'esistenza e del progresso umano. La scienza e la tecnica
sono ordinate all'uomo, dal quale traggono origine e sviluppo; esse, quindi,
trovano nella persona e nei suoi valori morali l'indicazione del loro fine e la
coscienza dei loro limiti.
2294 E'
illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle
sue applicazioni. D'altra parte, i criteri orientativi non possono essere
dedotti né dalla semplice efficacia tecnica, né dall'utilità che può
derivarne per gli uni a scapito degli altri, né, peggio ancora, dalle ideologie
dominanti. La scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso significato
intrinseco, l'incondizionato rispetto dei criteri fonda mentali della moralità;
devono essere al servizio della persona umana, dei suoi inalienabili diritti,
del suo bene vero e integrale, in conformità al progetto e alla volontà di
Dio.
2295 Le ricerche
o sperimentazioni sull'essere umano non possono legittimare atti in se stessi
contrari alla dignità delle persone e alla legge morale. L'eventuale consenso
dei soggetti non giustifica simili atti. La sperimentazione sull'essere umano
non è moralmente legittima se fa correre rischi sproporzionati o evitabili per
la vita o l'integrità fisica e psichica dei soggetti. La sperimentazione sugli
esseri umani non è conforme alla dignità della persona se, oltre tutto, viene
fatta senza il consenso esplicito del soggetto o dei suoi aventi diritto.
2296 Il
trapianto di organi è conforme alla legge morale se i danni e i rischi fisici e
psichici in cui incorre il donatore sono proporzionati al bene che si cerca per
il destinatario. La donazione di organi dopo la morte è un atto nobile e
meritorio ed è da incoraggiare come manifestazione di generosa solidarietà.
Non è moralmente accettabile se il donatore o i suoi aventi diritto non vi
hanno dato il loro esplicito assenso. E' inoltre moralmente inammissibile
provocare direttamente la mutilazione invalidante o la morte di un essere umano,
sia pure per ritardare il decesso di altre persone.
Il rispetto dell'integrità corporea
2297 I rapimenti
e la presa di ostaggi fanno regnare il terrore e, con la minaccia, esercitano
intollerabili pressioni sulle vittime. Essi sono moralmente illeciti. Il
terrorismo minaccia, ferisce e uccide senza discriminazione; esso è gravemente
contrario alla giustizia e alla carità. La tortura, che si serve della violenza
fisica o morale per strappare confessioni, per punire i colpevoli, per
spaventare gli oppositori, per soddisfare l'odio, è contrario al rispetto della
persona e della dignità umana. Al di fuori di prescrizioni mediche di carattere
strettamente terapeutico, le amputazioni, mutilazioni o sterilizzazioni
direttamente volontarie praticate a persone innocenti sono contrarie alla legge
morale [Cf Pio XI, Lett. enc. Casti connubii: Denz.-Schönm., 3722].
2298 Nei tempi
passati, da parte delle autorità legittime si è fatto comunemente ricorso a
pratiche crudeli per salvaguardare la legge e l'ordine, spesso senza protesta
dei pastori della Chiesa, i quali nei loro propri tribunali hanno essi stessi
adottato le prescrizioni del diritto romano sulla tortura. Accanto a tali fatti
deplorevoli, però, la Chiesa ha sempre insegnato il dovere della clemenza e
della misericordia; ha vietato al clero di versare il sangue. Nei tempi recenti
è diventato evidente che tali pratiche crudeli non erano né necessarie per
l'ordine pubblico, né conformi ai legittimi diritti della persona umana. Al
contrario, esse portano alle peggiori degradazioni. Ci si deve adoperare per la
loro abolizione. Bisogna pregare per le vittime e per i loro carnefici.
Il rispetto dei morti
2299 Ai
moribondi saranno prestate attenzioni e cure per aiutarli a vivere i loro ultimi
momenti con dignità e pace. Saranno sostenuti dalla preghiera dei loro
congiunti. Costoro si faranno premura affinché i malati ricevano in tempo
opportuno i sacramenti che preparano all'incontro con il Dio vivente.
2300 I corpi dei
defunti devono essere trattati con rispetto e carità nella fede e nella
speranza della risurrezione. La sepoltura dei morti è un'opera di misericordia
corporale; [Cf Tb 1,16-18 ] rende onore ai figli di Dio, tempi dello Spirito
Santo.
2301 L'autopsia
dei cadaveri può essere moralmente ammessa per motivi di inchiesta legale o di
ricerca scientifica. Il dono gratuito di organi dopo la morte è legittimo e può
essere meritorio.
La Chiesa
permette la cremazione, se tale scelta non mette in questione la fede nella
risurrezione dei corpi [Cf Codice di Diritto Canonico, 1176, 3].
III. La difesa della pace
La pace
2302 Richiamando
il comandamento: “Non uccidere” ( Mt 5,21 ), nostro Signore chiede la pace
del cuore e denuncia l'immoralità dell'ira omicida e dell'odio.
L' ira è un
desiderio di vendetta. “Desiderare la vendetta per il male di chi va punito è
illecito”; ma è lodevole imporre una riparazione “al fine di correggere i
vizi e di conservare il bene della giustizia” [San Tommaso d'Aquino, Summa
theologiae, II-II, 158, 1, ad 3]. Se l'ira si spinge fino al proposito di
uccidere il prossimo o di ferirlo in modo brutale, si oppone gravemente alla
carità; è un peccato mortale. Il Signore dice: “Chiunque si adira contro il
proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio”( Mt 5,22 ).
2303 L' odio
volontario è contrario alla carità. L'odio del prossimo è un peccato quando
l'uomo vuole deliberatamente per lui del male. L'odio del prossimo è un peccato
grave quando deliberatamente si desidera per lui un grave danno. “Ma io vi
dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate
figli del Padre vostro celeste. . . ” ( Mt 5,44-45 ).
2304 Il rispetto
e lo sviluppo della vita umana richiedono la pace. La pace non è la semplice
assenza della guerra e non può ridursi ad assicurare l'equilibrio delle forze
contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni
delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della
dignità delle persone e dei popoli, l'assidua pratica della fratellanza. E' la
“tranquillità dell'ordine” [Sant'Agostino, De civitate Dei, 19, 13]. E'
frutto della giustizia [Cf Is 32,17 ] ed effetto della carità [Cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 78].
2305 La pace
terrena è immagine e frutto della pace di Cristo, il “Principe della pace”
messianica ( Is 9,5 ). Con il sangue della sua croce, egli ha distrutto “in se
stesso l'inimicizia” ( Ef 2,16 ), [Cf Col 1,20-22 ] ha riconciliato gli uomini
con Dio e ha fatto della sua Chiesa il sacramento dell'unità del genere umano e
della sua unione con Dio. “Egli è la nostra pace” ( Ef 2,14 ). Proclama
“beati gli operatori di pace” ( Mt 5,9 ).
2306 Coloro che,
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo, rinunciano all'azione violenta e
cruenta e ricorrono a mezzi di difesa che sono alla portata dei più deboli,
rendono testimonianza alla carità evangelica, purché ciò si faccia senza
pregiudizio per i diritti e i doveri degli altri uomini e delle società. Essi
legittimamente attestano la gravità dei rischi fisici e morali del ricorso alla
violenza, che causa rovine e morti [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes,
78].
Evitare la guerra
2307 Il quinto
comandamento proibisce la distruzione volontaria della vita umana. A causa dei
mali e delle ingiustizie che ogni guerra provoca, la Chiesa con insistenza
esorta tutti a pregare e ad operare perché la Bontà divina ci liberi
dall'antica schiavitù della guerra [Cf ibid., 81].
2308 Tutti i
cittadini e tutti i governanti sono tenuti ad adoperarsi per evitare le guerre.
“Fintantoché
esisterà il pericolo della guerra e non ci sarà un'autorità internazionale
competente, munita di forze efficaci, una volta esaurite tutte le possibilità
di un pacifico accomodamento, non si potrà negare ai governi il diritto di una
legittima difesa” [Cf ibid., 81].
2309 Si devono
considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima
difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa
a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
- Che il danno
causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia
durevole, grave e certo.
- Che tutti gli
altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci.
- Che ci siano
fondate condizioni di successo.
- Che il ricorso
alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella
valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni
mezzi di distruzione.
Questi sono gli
elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della “guerra giusta”.
La valutazione
di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro
che hanno la responsabilità del bene comune.
2310 I pubblici
poteri, in questo caso, hanno il diritto e il dovere di imporre ai cittadini gli
obblighi necessari alla difesa nazionale.
Coloro che si dedicano al servizio della patria nella vita
militare sono servitori della sicurezza e della libertà dei popoli. Se
rettamente adempiono il loro dovere, concorrono veramente al bene comune della
nazione e al mantenimento della pace [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 79].
2311 I pubblici
poteri provvederanno equamente al caso di coloro che, per motivi di coscienza,
ricusano l'uso delle armi; essi sono nondimeno tenuti a prestare qualche altra
forma di servizio alla comunità umana [Cf ibid].
2312 La Chiesa e
la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i
conflitti armati. “Né per il fatto che una guerra è. .. disgraziatamente
scoppiata, diventa per questo lecita ogni cosa tra le parti in conflitto” [Cf
ibid].
2313 Si devono
rispettare e trattare con umanità i non-combattenti, i soldati feriti e i
prigionieri.
Le azioni
manifestamente contrarie al diritto delle genti e ai suoi principi universali,
non diversamente dalle disposizioni che le impongono, sono dei crimini. Non
basta un'obbedienza cieca a scusare coloro che vi si sottomettono. Così lo
sterminio di un popolo, di una nazione o di una minoranza etnica deve essere
condannato come un peccato mortale. Si è moralmente in obbligo di far
resistenza agli ordini che comandano un genocidio.
2314 “Ogni
atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città o
di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa
umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato” [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 80]. Un rischio della guerra moderna è di offrire
l'occasione di commettere tali crimini a chi detiene armi scientifiche, in
particolare atomiche, biologiche o chimiche.
2315 L' accumulo
delle armi sembra a molti un modo paradossale di dissuadere dalla guerra
eventuali avversari. Costoro vedono in esso il più efficace dei mezzi atti ad
assicurare la pace tra le nazioni. Riguardo a tale mezzo di dissuasione vanno
fatte severe riserve morali. La corsa agli armamenti non assicura la pace. Lungi
dall'eliminare le cause di guerra, rischia di aggravarle. L'impiego di ricchezze
enormi nella preparazione di armi sempre nuove impedisce di soccorrere le
popolazioni indigenti; [Cf Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio, 53]
ostacola lo sviluppo dei popoli. L' armarsi ad oltranza moltiplica le cause dei
conflitti ed aumenta il rischio del loro propagarsi.
2316 La
produzione e il commercio delle armi toccano il bene comune delle nazioni e
della comunità internazionale. Le autorità pubbliche hanno pertanto il diritto
e il dovere di regolamentarli. La ricerca di interessi privati o collettivi a
breve termine non può legittimare imprese che fomentano la violenza e i
conflitti tra le nazioni e che compromettono l'ordine giuridico internazionale.
2317 Le
ingiustizie, gli eccessivi squilibri di carattere economico o sociale,
l'invidia, la diffidenza e l'orgoglio che dannosamente imperversano tra gli
uomini e le nazioni, minacciano incessantemente la pace e causano le guerre.
Tutto quanto si fa per eliminare questi disordini contribuisce a costruire la
pace e ad evitare la guerra:
Gli uomini, in
quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla
venuta di Cristo; ma, in quanto riescono, uniti nell'amore, a vincere il
peccato, essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella
parola divina: “Con le loro spade costruiranno aratri e falci con le loro
lance; nessun popolo prenderà più le armi contro un altro popolo, né si
eserciteranno più per la guerra” ( Is 2,4 ) [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 78].
2318
Dio “ha in mano l'anima di ogni vivente e il soffio di ogni carne umana” (
Gb 12,10 ).
2319 Ogni vita
umana, dal momento del concepimento fino alla morte, è sacra, perché la
persona umana è stata voluta per se stessa ad immagine e somiglianza del Dio
vivente e santo.
2320 L'uccisione
di un essere umano è gravemente contraria alla dignità della persona e alla
santità del Creatore.
2321 La
proibizione dell'omicidio non abroga il diritto di togliere, ad un ingiusto
aggressore, la possibilità di nuocere. La legittima difesa è un dovere grave
per chi ha la responsabilità della vita altrui o del bene comune.
2322 Fin dal
concepimento il bambino ha diritto alla vita. L'aborto diretto, cioè voluto
come un fine o come un mezzo, è una pratica “vergognosa” , [Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 27] gravemente contraria alla legge morale. La Chiesa
condanna con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana.
2323 Dal momento
che deve essere trattato come una persona fin dal concepimento, l'embrione deve
essere difeso nella sua integrità, curato e guarito come ogni altro essere
umano.
2324 L'eutanasia
volontaria, qualunque ne siano le forme e i motivi, costituisce un omicidio. E'
gravemente contraria alla dignità della persona umana e al rispetto del Dio
vivente, suo Creatore.
2325 Il suicidio
è gravemente contrario alla giustizia, alla speranza e alla carità. E'
proibito dal quinto comandamento.
2326 Lo scandalo
costituisce una colpa grave quando chi lo provoca con azione o con omissione
deliberatamente spinge altri a peccare gravemente.
2327 Si deve
fare tutto ciò che è ragionevolmente possibile per evitare la guerra, dati i
mali e le ingiustizie di cui è causa. La Chiesa prega: “Dalla fame, dalla
peste e dalla guerra liberaci, Signore”.
2328 La Chiesa e
la ragione umana dichiarano la permanente validità della legge morale durante i
conflitti armati. Le pratiche contrarie al diritto delle genti e ai suoi
principi universali, deliberatamente messe in atto, sono dei crimini.
2329 “La corsa
agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità e danneggia in modo
intollerabile i poveri” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 81].
2330 “Beati
gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio” ( Mt 5,9 ).
IL SESTO
COMANDAMENTO
Non commettere
adulterio ( Es 20,14; Dt 5,18 ).
Avete inteso che
fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico: chiunque guarda una
donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore ( Mt
5,27-28 ).
I. “Maschio e femmina li creò...”
2331 “Dio è
amore e vive in se stesso un mistero di comunione e di amore. Creandola a sua
immagine. . . Dio iscrive nell'umanità dell'uomo e della donna la vocazione, e
quindi la capacità e la responsabilità dell'amore e della comunione”
[Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11].
“Dio creò
l'uomo a sua immagine. . . maschio e femmina li creò” ( Gen 1,27 ); “siate
fecondi e moltiplicatevi” ( Gen 1,28 ); “quando Dio creò l'uomo, lo fece a
somiglianza di Dio; maschio e femmina li creò, li benedisse e li chiamò uomini
quando furono creati” ( Gen 5,1-2 ).
2332 La
sessualità esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana,
nell'unità del suo corpo e della sua anima. Essa concerne particolarmente
l'affettività, la capacità di amare e di procreare, e, in un modo più
generale, l'attitudine ad intrecciare rapporti di comunione con altri.
2333 Spetta a
ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale.
La differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate
ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare. L'armonia della
coppia e della società dipende in parte dal modo in cui si vivono tra i sessi
la complementarità, il bisogno vicendevole e il reciproco aiuto.
2334 “Creando
l'uomo "maschio e femmina", Dio dona la dignità personale in egual
modo all'uomo e alla donna” [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 22; cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 49]. “L'uomo è una persona, in eguale misura l'uomo
e la donna: ambedue infatti sono stati creati ad immagine e somiglianza del Dio
personale” [Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem, 6].
2335 Ciascuno
dei due sessi, con eguale dignità, anche se in modo differente, è immagine
della potenza e della tenerezza di Dio. L' unione dell'uomo e della donna nel
matrimonio è una maniera di imitare, nella carne, la generosità e la fecondità
del Creatore: “L'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua
moglie, e i due saranno una sola carne” ( Gen 2,24 ). Da tale unione derivano
tutte le generazioni umane [Cf Gen 4,1-2; Gen 4,25-26; 2335 Gen 5,1 ].
2336 Gesù è
venuto a restaurare la creazione nella purezza delle sue origini. Nel Discorso
della montagna dà una interpretazione rigorosa del progetto di Dio: “Avete
inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico:
chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei
nel suo cuore” ( Mt 5,27-28 ). L'uomo non deve separare quello che Dio ha
congiunto [Cf Mt 19,6 ].
La Tradizione
della Chiesa ha considerato il sesto comandamento come inglobante l'insieme
della sessualità umana.
II. La vocazione alla castità
2337 La castità
esprime la positiva integrazione della sessualità nella persona e
conseguentemente l'unità interiore dell'uomo nel suo essere corporeo e
spirituale. La sessualità, nella quale si manifesta l'appartenenza dell'uomo al
mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è
integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e
illimitato nel tempo, dell'uomo e della donna.
La virtù della
castità, quindi, comporta l'integrità della persona e l'integralità del dono.
L'integrità della persona
2338 La persona
casta conserva l'integrità delle forze di vita e di amore che sono in lei. Tale
integrità assicura l'unità della persona e si oppone a ogni comportamento che
la ferirebbe. Non tollera né doppiezza di vita, né doppiezza di linguaggio [Cf
Mt 5,37 ].
2339 La castità
richiede l' acquisizione del dominio di sé, che è pedagogia per la libertà
umana. L'alternativa è evidente: o l'uomo comanda alle sue passioni e consegue
la pace, oppure si lascia asservire da esse e diventa infelice [Cf Sir 1,22 ].
“La dignità dell'uomo richiede che egli agisca secondo scelte consapevoli e
libere, mosso cioè e indotto da convinzioni personali, e non per un cieco
impulso o per mera coazione esterna. Ma tale dignità l'uomo la ottiene quando,
liberandosi da ogni schiavitù di passioni, tende al suo fine con scelta libera
del bene, e si procura da sé e con la sua diligente iniziativa i mezzi
convenienti” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 17].
2340 Colui che
vuole restar fedele alle promesse del suo Battesimo e resistere alle tentazioni,
avrà cura di valersi dei mezzi corrispondenti: la conoscenza di sé, la pratica
di un'ascesi adatta alle situazioni in cui viene a trovarsi, l'obbedienza ai
divini comandamenti, l'esercizio delle virtù morali e la fedeltà alla
preghiera. “La continenza in verità ci raccoglie e ci riconduce a quell'unità,
che abbiamo perduto disperdendoci nel molteplice” [Sant'Agostino, Confessiones,
10, 29, 40].
2341 La virtù
della castità è strettamente dipendente dalla virtù cardinale della
temperanza, che mira a far condurre dalla ragione le passioni e gli appetiti
della sensibilità umana.
2342 Il dominio
di sé è un' opera di lungo respiro. Non lo si potrà mai ritenere acquisito
una volta per tutte. Suppone un impegno da ricominciare ad ogni età della vita
[Cf Tt 2,1-6 ]. Lo sforzo richiesto può essere maggiore in certi periodi,
quelli, per esempio, in cui si forma la personalità, l'infanzia e
l'adolescenza.
2343 La castità
conosce leggi di crescita, la quale passa attraverso tappe segnate
dall'imperfezione e assai spesso dal peccato. L'uomo virtuoso e casto “si
costruisce giorno per giorno, con le sue numerose libere scelte: per questo egli
conosce, ama e compie il bene morale secondo tappe di crescita” [Giovanni
Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 34].
2344 La castità
rappresenta un impegno eminentemente personale; implica anche uno sforzo
culturale, poiché “il perfezionamento della persona umana e lo sviluppo della
stessa società” sono “tra loro interdipendenti” [Conc. Ecum. Vat. II,
Gaudium et spes, 25]. La castità suppone il rispetto dei diritti della persona,
in particolare quello di ricevere un'informazione ed un'educazione che
rispettino le dimensioni morali e spirituali della vita umana.
2345 La castità
è una virtù morale. Essa è anche un dono di Dio, una grazia, un frutto dello
Spirito [Cf Gal 5,22 ]. Lo Spirito Santo dona di imitare la purezza di Cristo [Cf
1Gv 3,3 ] a colui che è stato rigenerato dall'acqua del Battesimo.
L'integralità del dono di sé
2346 La carità
è la forma di tutte le virtù. Sotto il suo influsso, la castità appare come
una scuola del dono della persona. La padronanza di sé è ordinata al dono di sé.
La castità rende colui che la pratica un testimone, presso il prossimo, della
fedeltà e della tenerezza di Dio.
2347 La virtù
della castità si dispiega nell' amicizia. Indica al discepolo come seguire ed
imitare colui che ci ha scelti come suoi amici, [Cf Gv 15,15 ] si è totalmente
donato a noi e ci rende partecipi della sua condizione divina. La castità è
promessa di immortalità.
La castità si
esprime particolarmente nell' amicizia per il prossimo. Coltivata tra persone
del medesimo sesso o di sesso diverso, l'amicizia costituisce un gran bene per
tutti. Conduce alla comunione spirituale.
Le diverse forme della castità
2348 Ogni
battezzato è chiamato alla castità. Il cristiano si è “rivestito di
Cristo” ( Gal 3,27 ), modello di ogni castità. Tutti i credenti in Cristo
sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare stato di
vita. Al momento del Battesimo il cristiano si è impegnato a vivere la sua
affettività nella castità.
2349 “La
castità deve distinguere le persone nei loro differenti stati di vita: le une
nella verginità o nel celibato consacrato, un modo eminente di dedicarsi più
facilmente a Dio solo, con cuore indiviso; le altre, nella maniera quale è
determinata per tutti dalla legge morale e secondo che siano sposate o celibi”
[Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 11, AAS 68
(1976), 77-96]. Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale;
le altre praticano la castità nella continenza:
Ci sono tre
forme della virtù di castità: quella degli sposi, quella della vedovanza,
infine quella della verginità. Non lodiamo l'una escludendo le altre. Sotto
questo aspetto, la disciplina della Chiesa è ricca [Sant'Ambrogio, De viduis,
23: PL 153, 225A].
2350 I fidanzati
sono chiamati a vivere la castità nella continenza. Messi così alla prova,
scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla fedeltà e alla speranza
di riceversi l'un l'altro da Dio. Riserveranno al tempo del matrimonio le
manifestazioni di tenerezza proprie dell'amore coniugale. Si aiuteranno
vicendevolmente a crescere nella castità.
Le offese alla castità
2351 La lussuria
è un desiderio disordinato o una fruizione sregolata del piacere venereo. Il
piacere sessuale è moralmente disordinato quando è ricercato per se stesso, al
di fuori delle finalità di procreazione e di unione.
2352 Per
masturbazione si deve intendere l'eccitazione volontaria degli organi genitali,
al fine di trarne un piacere venereo. “Sia il magistero della Chiesa - nella
linea di una tradizione costante - sia il senso morale dei fedeli hanno
affermato senza esitazione che la masturbazione è un atto intrinsecamente e
gravemente disordinato”. “Qualunque ne sia il motivo, l'uso deliberato della
facoltà sessuale al di fuori dei rapporti coniugali normali contraddice
essenzialmente la sua finalità”. Il godimento sessuale vi è ricercato al di
fuori della “relazione sessuale richiesta dall'ordine morale, quella che
realizza, in un contesto di vero amore, l'integro senso della mutua donazione e
della procreazione umana” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich.
Persona humana, 9].
Al fine di
formulare un equo giudizio sulla responsabilità morale dei soggetti e per
orientare l'azione pastorale, si terrà conto dell'immaturità affettiva, della
forza delle abitudini contratte, dello stato d'angoscia o degli altri fattori
psichici o sociali che possono attenuare se non addirittura ridurre al minimo la
colpevolezza morale.
2353 La
fornicazione è l'unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del
matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della
sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla
generazione e all'educazione dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi
sia corruzione dei giovani.
2354 La
pornografia consiste nel sottrarre all'intimità dei partner gli atti sessuali,
reali o simulati, per esibirli deliberatamente a terze persone. Offende la
castità perché snatura l'atto coniugale, dono intimo degli sposi l'uno
all'altro. Lede gravemente la dignità di coloro che vi si prestano( attori,
commercianti, pubblico), poiché l'uno diventa per l'altro l'oggetto di un
piacere rudimentale e di un illecito guadagno. Immerge gli uni e gli altri
nell'illusione di un mondo irreale. E' una colpa grave. Le autorità civili
devono impedire la produzione e la diffusione di materiali pornografici.
2355 La
prostituzione offende la dignità della persona che si prostituisce, ridotta al
piacere venereo che procura. Colui che paga pecca gravemente contro se stesso:
viola la castità, alla quale lo impegna il Battesimo e macchia il suo corpo,
tempio dello Spirito Santo [Cf 1Cor 6,15-20 ]. La prostituzione costituisce una
piaga sociale. Normalmente colpisce donne, ma anche uomini, bambini o
adolescenti (in questi due ultimi casi il peccato è, al tempo stesso, anche uno
scandalo). Il darsi alla prostituzione è sempre gravemente peccaminoso,
tuttavia l'imputabilità della colpa può essere attenuata dalla miseria, dal
ricatto e dalla pressione sociale.
2356 Lo stupro
indica l'entrata per effrazione, con violenza, nell'intimità sessuale di una
persona. Esso viola la giustizia e la carità. Lo stupro lede profondamente il
diritto di ciascuno al rispetto, alla libertà, all'integrità fisica e morale.
Arreca un grave danno, che può segnare la vittima per tutta la vita. E' sempre
un atto intrinsecamente cattivo. Ancora più grave è lo stupro commesso da
parte di parenti stretti (incesto) o di educatori ai danni degli allievi che
sono loro affidati.
Castità e omosessualità
2357
L'omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano
un'attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo
sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti
culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi
sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi
depravazioni, [Cf Gen 19,1-29; Rm 1,24-27; 2357 1Cor 6,10; 1Tm 1,10 ] la
Tradizione ha sempre dichiarato che “gli atti di omosessualità sono
intrinsecamente disordinati” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich.
Persona humana, 8]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto
sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità
affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 Un numero
non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali
profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata,
costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere
accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni
marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la
volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio
della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza
della loro condizione.
2359 Le persone
omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza
di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di
un'amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e
devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana.
III. L'amore degli sposi
2360 La
sessualità è ordinata all'amore coniugale dell'uomo e della donna. Nel
matrimonio l'intimità corporale degli sposi diventa un segno e un pegno della
comunione spirituale. Tra i battezzati, i legami del matrimonio sono santificati
dal sacramento.
2361 “La
sessualità, mediante la quale l'uomo e la donna si donano l'uno all'altra con
gli atti propri ed esclusivi degli sposi, non è affatto qualcosa di puramente
biologico, ma riguarda l'intimo nucleo della persona umana come tale. Essa si
realizza in modo veramente umano solo se è parte integrante dell'amore con cui
l'uomo e la donna si impegnano totalmente l'uno verso l'altra fino alla
morte”: [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 11]
Tobia si alzò
dal letto e disse a Sara: “Sorella, alzati! Preghiamo e domandiamo al Signore
che ci dia grazia e salvezza”. Essa si alzò e si misero a pregare e a
chiedere che venisse su di loro la salvezza, dicendo: “Benedetto sei tu, Dio
dei nostri padri, e benedetto per tutte le generazioni è il tuo nome! Ti
benedicano i cieli e tutte le creature per tutti i secoli! Tu hai creato Adamo e
hai creato Eva sua moglie, perché gli fosse di aiuto e di sostegno. Da loro due
nacque tutto il genere umano. Tu hai detto: non è cosa buona che l'uomo resti
solo; facciamogli un aiuto simile a lui. Ora non per lussuria io prendo questa
mia parente, ma con rettitudine d'intenzione. Degnati di avere misericordia di
me e di lei e di farci giungere insieme alla vecchiaia”. E dissero insieme:
“Amen, amen!”. Poi dormirono per tutta la notte ( Tb 8,4-9 ).
2362 “Gli atti
coi quali i coniugi si uniscono in casta intimità, sono onorevoli e degni, e,
compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione che essi
significano, ed arricchiscono vicendevolmente in gioiosa gratitudine gli sposi
stessi” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 49]. La sessualità è sorgente
di gioia e di piacere:
Il Creatore
stesso. . . ha stabilito che nella reciproca donazione fisica totale gli sposi
provino un piacere e una soddisfazione sia del corpo sia dello spirito. Quindi,
gli sposi non commettono nessun male cercando tale piacere e godendone.
Accettano ciò che il Creatore ha voluto per loro. Tuttavia gli sposi devono
saper restare nei limiti di una giusta moderazione [Pio XII, discorso del 29
ottobre 1951].
2363 Mediante
l'unione degli sposi si realizza il duplice fine del matrimonio: il bene degli
stessi sposi e la trasmissione della vita. Non si possono disgiungere questi due
significati o valori del matrimonio, senza alterare la vita spirituale della
coppia e compromettere i beni del matrimonio e l'avvenire della famiglia.
L'amore
coniugale dell'uomo e della donna è così posto sotto la duplice esigenza della
fedeltà e della fecondità.
La fedeltà coniugale
2364 La coppia
coniugale forma una “intima comunità di vita e di amore. . . fondata dal
Creatore e strutturata con leggi proprie”. “E' stabilita dal patto
coniugale, vale a dire dall'irrevocabile consenso personale” [Conc. Ecum. Vat.
II, Gaudium et spes, 48]. Gli sposi si donano definitivamente e totalmente l'uno
all'altro. Non sono più due, ma ormai formano una carne sola. L'alleanza
stipulata liberamente dai coniugi impone loro l'obbligo di conservarne l'unità
e l'indissolubilità [Cf Codice di Diritto Canonico, 1056]. “L'uomo non separi
ciò che Dio ha congiunto” ( Mc 10,9 ) [Cf Mt 19,1-12; 2364 1Cor 7,10-11 ].
2365 La fedeltà
esprime la costanza nel mantenere la parola data. Dio è fedele. Il sacramento
del Matrimonio fa entrare l'uomo e la donna nella fedeltà di Cristo alla sua
Chiesa. Mediante la castità coniugale, essi rendono testimonianza a questo
mistero di fronte al mondo.
San Giovanni
Crisostomo suggerisce ai giovani sposi di fare questo discorso alla loro sposa:
“Ti ho presa tra le mie braccia, ti amo, ti preferisco alla mia stessa vita.
Infatti l'esistenza presente è un soffio, e il mio desiderio più vivo è di
trascorrerla con te in modo tale da avere la certezza che non saremo separati in
quella futura. .. Metto l'amore per te al di sopra di tutto e nulla sarebbe per
me più penoso che il non essere sempre in sintonia con te” [San Giovanni
Crisostomo, Homiliae in ad Ephesios, 20, 8: PG 62, 146-147].
La fecondità del matrimonio
2366 La fecondità
è un dono, un fine del matrimonio; infatti l'amore coniugale tende per sua
natura ad essere fecondo. Il figlio non viene ad aggiungersi dall'esterno al
reciproco amore degli sposi; sboccia al cuore stesso del loro mutuo dono, di cui
è frutto e compimento. Perciò la Chiesa, che “sta dalla parte della vita”,
[Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 30] “insegna che
qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto per sè alla trasmissione della
vita” [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 11]. “Tale dottrina, più volte
esposta dal magistero della Chiesa, è fondata sulla connessione inscindibile,
che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due
significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato
procreativo” [Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 11].
2367 Chiamati a
donare la vita, gli sposi partecipano della potenza creatrice e della paternità
di Dio [Cf Ef 3,14; Mt 23,9 ]. “Nel compito di trasmettere la vita umana e di
educarla, che deve essere considerato come la loro propria missione, i coniugi
sanno di essere cooperatori dell'amore di Dio Creatore e come suoi interpreti. E
perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50].
2368 Un aspetto
particolare di tale responsabilità riguarda la regolazione della procreazione. Per validi motivi gli sposi possono
voler distanziare le nascite dei loro figli. Devono però verificare che il loro
desiderio non sia frutto di egoismo, ma sia conforme alla giusta generosità di
una paternità responsabile. Inoltre regoleranno il loro comportamento secondo i
criteri oggettivi della moralità:
Quando si tratta
di comporre l'amore coniugale con la trasmissione responsabile della vita, il
carattere morale del comportamento non dipende solo dalla sincera intenzione e
dalla valutazione dei motivi, ma va determinato da criteri oggettivi, che hanno
il loro fondamento nella natura stessa della persona umana e dei suoi atti,
criteri che rispettano, in un contesto di vero amore, l'integro senso della
mutua donazione e della procreazione umana; e tutto ciò non sarà possibile se
non venga coltivata con sincero animo la virtù della castità coniugale [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].
2369
“Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo,
l'atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo
ordinamento all'altissima vocazione dell'uomo alla paternità” [Paolo VI,
Lett. enc. Humanae vitae, 12].
2370 La
continenza periodica, i metodi di regolazione delle nascite basati
sull'auto-osservazione e il ricorso ai periodi infecondi [Cf ibid., 16] sono
conformi ai criteri oggettivi della moralità. Tali metodi rispettano il corpo
degli sposi, incoraggiano tra loro la tenerezza e favoriscono l'educazione ad
una libertà autentica. Al contrario, è intrinsecamente cattiva “ogni azione
che, o in previsione dell'atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo
delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di
impedire la procreazione” [Cf ibid., 16].
Al linguaggio
nativo che esprime la reciproca donazione totale dei coniugi, la contraccezione
impone un linguaggio oggettivamente contradditorio, quello cioè del non donarsi
all'altro in totalità: ne deriva non soltanto il positivo rifiuto all'apertura
alla vita, ma anche una falsificazione dell'interiore verità dell'amore
coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale. [Tale differenza
antropologica e morale tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi periodici]
coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità
umana tra loro irriducibili [Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
32].
2371 “Sia
chiaro a tutti che la vita dell'uomo e il compito di trasmetterla non sono
limitati solo a questo tempo e non si possono commisurare e capire in questo
mondo soltanto, ma riguardano sempre il destino eterno degli uomini ” [Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 51].
2372 Lo Stato è
responsabile del benessere dei cittadini. E' legittimo che, a questo titolo,
prenda iniziative al fine di orientare l'incremento della popolazione. Può
farlo con un'informazione obiettiva e rispettosa, mai però con imposizioni
autoritarie e cogenti. Non può legittimamente sostituirsi all'iniziativa degli
sposi, primi responsabili della procreazione e dell'educazione dei propri figli
[Cf Paolo VI, Lett. enc. Humanae vitae, 23; Id. , Lett. enc.
Populorum progressio, 37]. In questo campo non è autorizzato a intervenire contrari alla legge
morale.
Il dono del figlio
2373 La Sacra
Scrittura e la pratica tradizionale della Chiesa vedono nelle famiglie numerose
un segno della benedizione divina e della generosità dei genitori [Cf Conc.
Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 50].
2374 Grande è
la sofferenza delle coppie che si scoprono sterili. “Che mi darai? - chiede
Abramo a Dio - Io me ne vado senza figli. . . ” ( Gen 15,2 ). “Dammi dei
figli, se no io muoio!” grida Rachele al marito Giacobbe ( Gen 30,1 ).
2375 Le ricerche
finalizzate a ridurre la sterilità umana sono da incoraggiare, a condizione che
si pongano “al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e
del suo bene vero e integrale, secondo il progetto e la volontà di Dio”
[Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, intr. 2].
2376 Le tecniche
che provocano una dissociazione dei genitori, per l'intervento di una persona
estranea alla coppia (dono di sperma o di ovocita, prestito dell'utero) sono
gravemente disoneste. Tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali
eterologhe) ledono il diritto del figlio a nascere da un padre e da una madre
conosciuti da lui e tra loro legati dal matrimonio. Tradiscono “il diritto
esclusivo [ degli sposi] a diventare padre e madre soltanto l'uno attraverso
l'altro” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, intr.
2].
2377 Praticate
in seno alla coppia, tali tecniche (inseminazione e fecondazione artificiali
omologhe) sono, forse, meno pregiudizievoli, ma rimangono moralmente
inaccettabili. Dissociano l'atto sessuale dall'atto procreatore. L'atto che
fonda l'esistenza del figli non è più un atto con il quale due persone si
donano l'una all'altra, bensì un atto che “affida la vita e l'identità
dell'embrione al potere dei medici e dei biologi e instaura un dominio della
tecnica sull'origine e sul destino della persona umana. Una siffatta relazione
di dominio è in sé contraria alla dignità e alla uguaglianza che dev'essere
comune a genitori e figli” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr.
Donum vitae, intr. 2]. “La procreazione è privata dal punto di vista morale
della sua perfezione propria quando non è voluta come il frutto dell'atto
coniugale, e cioè del gesto specifico della unione degli sposi. . . ; soltanto
il rispetto del legame che esiste tra i significati dell'atto coniugale, e il
rispetto dell'unità dell'essere umano consente una procreazione conforme alla
dignità della persona” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum
vitae, intr. 2].
2378 Il figlio
non è qualcosa di dovuto, ma un dono. Il “dono più grande del matrimonio”
è una persona umana. Il figlio non può essere considerato come oggetto di
proprietà: a ciò condurrebbe il riconoscimento di un preteso “diritto al
figlio”. In questo campo, soltanto il figlio ha veri diritti: quello “di
essere il frutto dell'atto specifico dell'amore coniugale dei suoi genitori e
anche il diritto a essere rispettato come persona dal momento del suo
concepimento” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae, II,
8].
2379 Il Vangelo
mostra che la sterilità fisica non è un male assoluto. Gli sposi che, dopo
aver esaurito i legittimi ricorsi alla medicina, soffrono di sterilità, si
uniranno alla croce del Signore, sorgente di ogni fecondità spirituale. Essi
possono mostrare la loro generosità adottando bambini abbandonati oppure
compiendo servizi significativi a favore del prossimo.
IV. Le offese alla dignità del matrimonio
2380 L'
adulterio. Questa parola designa l'infedeltà coniugale. Quando due partner, di
cui almeno uno è sposato, intrecciano tra loro una relazione sessuale, anche
episodica, commettono un adulterio. Cristo condanna l'adulterio anche se
consumato con il seplice desiderio [Cf Mt 5,27-28 ]. Il sesto comandamento e il
il Nuovo Testamento proibiscono l'adulterio in modo assoluto [Cf Mt 5,32; Mt
19,6; Mc 10,11; 1Cor 6,9-10 ]. I profeti ne denunciano la gravità.
Nell'adulterio essi vedono simboleggiato il peccato di idolatria [Cf Os 2,7; Ger
5,7; Ger 13,27 ].
2381 L'adulterio
è un'ingiustizia. Chi lo commette vien meno agli impegni assunti. Ferisce quel
segno dell'Alleanza che è il vincolo matrimoniale, lede il diritto dell'altro
coniuge e attenta all'istituto del matrimonio, violando il contratto che lo
fonda. Compromette il bene della generazione umana e dei figli, i quali hanno
bisogno dell'unione stabile dei genitori.
Il divorzio
2382 Il Signore
Gesù ha insistito sull'intenzione originaria del Creatore, che voleva un
matrimonio indissolubile [Cf Mt 5,31-32; Mt 19,3-9; Mc 10,9; 2382 Lc 16,18; 1Cor
7,10-11 ]. Abolisce le tolleranze che erano state a poco a poco introdotte nella
Legge antica [Cf Mt 19,7-9 ].
Tra i battezzati
“il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà
umana e per nessuna causa, eccetto la morte” [Codice di Diritto Canonico,
1141].
2383 La
separazione degli sposi con la permanenza del vincolo matrimoniale può essere
legittima in certi casi contemplati dal Diritto canonico [Cf Codice di Diritto
Canonico, 1151-1155].
Se il divorzio
civile rimane l'unico modo possibile di assicurare certi diritti legittimi,
quali la cura dei figli o la tutela del patrimonio, può essere tollerato, senza
che costituisca una colpa morale.
2384 Il divorzio
è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto
liberamente stipulato dagli sposi, di vivere l'uno con l'altro fino alla morte.
Il divorzio offende l'Alleanza della salvezza, di cui il matrimonio sacramentale
è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto
dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si
trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente:
Se il marito,
dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un'altra donna, è lui
stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna; e la donna che
abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un'altra [San
Basilio di Cesarea, Moralia, regola 73: PG 31, 849D-853B].
2385 Il
carattere immorale del divorzio deriva anche dal disordine che esso introduce
nella cellula familiare e nella società. Tale disordine genera gravi danni: per
il coniuge, che si trova abbandonato; per i figli, traumatizzati dalla
separazione dei genitori, e sovente contesi tra questi; per il suo effetto
contagioso, che lo rende una vera piaga sociale.
2386 Può
avvenire che uno dei coniugi sia vittima innocente del divorzio pronunciato
dalla legge civile; questi allora non contravviene alla norma morale. C'è
infatti una differenza notevole tra il coniuge che si è sinceramente sforzato
di rimanere fedele al sacramento del Matrimonio e si vede ingiustamente
abbandonato, e colui che, per sua grave colpa, distrugge un matrimonio
canonicamente valido [Cf Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio,
84].
Altre offese alla dignità del matrimonio
2387 Si
comprende il dramma di chi, desideroso di convertirsi al Vangelo, si vede
obbligato a ripudiare una o più donne con cui ha condiviso anni di vita
coniugale. Tuttavia la poligamia è in contrasto con la legge morale.
Contraddice radicalmente la comunione coniugale; essa “infatti, nega in modo
diretto il disegno di Dio quale ci viene rivelato alle origini, perché è
contraria alla pari dignità personale dell'uomo e della donna, che nel
matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo”
[Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris
consortio, 19; cf Conc. Ecum.
Vat. II, Gaudium et spes, 47]. Il cristiano che prima era poligamo, per
giustizia, ha il grave dovere di rispettare gli obblighi contratti nei confronti
di quelle donne che erano sue mogli e dei suoi figli.
2388 L' incesto
consiste in relazioni intime tra parenti o affini, a un grado che impedisce tra
loro il matrimonio [Cf Lv 18,7-20 ]. San Paolo stigmatizza questa colpa
particolarmente grave: “Si sente da per tutto parlare d'immoralità tra voi. .
. al punto che uno convive con la moglie di suo padre!. . . Nel nome del Signore
nostro Gesù. . . questo individuo sia dato in balia di Satana per la rovina
della sua carne. . . ”( 1Cor 5,1; 1Cor 5,4-5 ). L'incesto corrompe le
relazioni familiari e segna un regresso verso l'animalità.
2389 Si possono
collegare all'incesto gli abusi sessuali commessi da adulti su fanciulli o
adolescenti affidati alla loro custodia. In tal caso la colpa è, al tempo
stesso, uno scandaloso attentato all'integrità fisica e morale dei giovanetti,
i quali ne resteranno segnati per tutta la loro vita, ed è altresì una
violazione della responsabilità educativa.
2390 Si ha una
libera unione quando l'uomo e la donna rifiutano di dare una forma giuridica e
pubblica a un legame che implica l'intimità sessuale.
L'espressione è
fallace: che senso può avere una unione in cui le persone non si impegnano
l'una nei confronti dell'altra, e manifestano in tal modo una mancanza di
fiducia nell'altro, in se stesso o nell'avvenire?
L'espressione
abbraccia situazioni diverse: concubinato, rifiuto del matrimonio come tale,
incapacità a legarsi con impegni a lungo termine [Cf Giovanni Paolo II, Esort.
ap. Familiaris consortio, 81]. Tutte queste situazioni costituiscono un'offesa
alla dignità del matrimonio; distruggono l'idea stessa della famiglia;
indeboliscono il senso della fedeltà. Sono contrarie alla legge morale: l'atto
sessuale deve aver posto esclusivamente nel matrimonio; al di fuori di esso
costituisce sempre un peccato grave ed esclude dalla Comunione sacramentale.
2391 Parecchi
attualmente reclamano una specie di “ diritto alla prova ” quando c'è
intenzione di sposarsi. Qualunque sia la fermezza del proposito di coloro che si
impegnano in rapporti sessuali prematuri, tali rapporti “non consentono di
assicurare, nella sua sincerità e fedeltà, la relazione interpersonale di un
uomo e di una donna, e specialmente di proteggerla dalle fantasie e dai
capricci” [Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana, 7].
L'unione carnale è moralmente legittima solo quando tra l'uomo e la donna si
sia instaurata una comunità di vita definitiva. L'amore umano non ammette la
“prova”. Esige un dono totale e definitivo delle persone tra loro [Cf
Giovanni Paolo II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].
2392 “L'amore
è la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano” [Cf Giovanni Paolo
II, Esort. ap. Familiaris consortio, 80].
2393 Creando
l'essere umano uomo e donna, Dio dona all'uno e all'altra, in modo uguale, la
dignità personale. Spetta a ciascuno, uomo e donna, riconoscere e accettare la
propria identità sessuale.
2394 Cristo è
il modello della castità. Ogni battezzato è chiamato a condurre una vita
casta, ciascuno secondo lo stato di vita che gli è proprio.
2395 La castità
significa l'integrazione della sessualità nella persona. Richiede che si
acquisisca la padronanza della persona.
2396 Tra i
peccati gravemente contrari alla castità, vanno citate la masturbazione, la
fornicazione, la pornografia e le pratiche omosessuali.
2397 L'alleanza
liberamente contratta dagli sposi implica un amore fedele. Essa impone loro
l'obbligo di conservare l'indissolubilità del loro matrimonio.
2398 La fecondità
è un bene, un dono, un fine del matrimonio. Donando la vita, gli sposi
partecipano della paternità di Dio.
2399 La
regolazione delle nascite rappresenta uno degli aspetti della paternità e della
maternità responsabili. La legittimità delle intenzioni degli sposi non
giustifica il ricorso a mezzi moralmente inaccettabili (per es. la
sterilizzazione diretta o la contraccezione).
2400 L'adulterio
e il divorzio, la poligamia e la libera unione costituiscono gravi offese alla
dignità del matrimonio.